Alessandra Matteuzzi, Padovani ricorre al riesame

Alessandra Matteuzzi, Padovani ricorre al riesame

Giovanni Padovani, il bolognese colpevole dell’omicidio di Alessandra Matteuzzi, ha chiesto al tribunale di ricorrere al riesame.

Alessandra Matteuzzi è l’ennesima vittima di un femminicidio: ha perso la vita per mano del suo ex fidanzato, che l’ha sorpresa mentre usciva di casa per ucciderla. Adesso, Giovanni Padovani, il responsabile dell’omicidio di Alessandra, si trova in carcere ma pare abbia fatto ricorso al tribunale del Riesame di Bologna contro la misura cautelare.

Il giudice ha fissato la nuova udienza in data 14 settembre. L’uomo è accusato di omicidio aggravato e stalking: ha ucciso la sua ex compagna a martellate il 23 agosto scorso, a Bologna. La morte della Matteuzzi ha suscitato una forte polemica: la vittima aveva provveduto a denunciare il suo stalker ma niente era stato fatto.

Si tratta del 39esimo caso di femminicidio in Italia dall’inizio dell’anno 2022. Il 27enne Giovanni Padovani, ex modello e calciatore, è il carnefice di Alessandra Matteuzzi. La vicenda è stata approfondito durante la diretta della trasmissione televisiva di Canale 5 “Morning News”. 

Caso di malagiustizia?

Secondo quanto emerso dalle indagini Giovanni Padovani, il calciatore di 26 anni accusato del decesso di Alessandra Matteuzzi, teneva sotto stretto controllo la donna e le chiedeva di mandargli dei video ogni dieci minuti per sapere in quale luogo si trovasse la donna. Alla luce delle denunce sporte dalla vittima nei confronti dell’uomo, la domanda è inevitabile: si sarebbe potuto far qualcosa per evitare la morte di Alessandra Matteuzzi?

L’avvocato: “La teneva sotto scacco a distanza”

Stando a quando emerso, “L’indagato esercitava nei confronti della vittima un controllo ossessivo. La teneva sotto scacco a distanza, chiedendole spessissimo di mandare foto e video del luogo in cui si trovava e delle persone che frequentava. Spinto dalla gelosia. In alcune situazioni le chiedeva anche di filmare l’orario dal luogo in cui si trovava per verificare che diceva la verità”.

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