Pensioni 2025, stop alla rivalutazione per una “categoria speciale”: ecco il perché

Pensioni 2025, stop alla rivalutazione per una “categoria speciale”: ecco il perché

Pensioni 2025: stop alla rivalutazione per i pensionati residenti all’estero. Ecco chi sarà colpito e per quale motivo.

Il 2025 porterà con sé importanti novità per le pensioni, tra i provvedimenti inseriti nella legge di bilancio spicca la decisione del governo di Giorgia Meloni di bloccare la rivalutazione degli assegni per una specifica categoria: i pensionati residenti all’estero.

Una misura che, seppur giustificata dalla necessità di contenere la spesa pubblica, rischia di penalizzare migliaia di persone con pensioni modeste.

Pensioni 2025: chi subirà il blocco della rivalutazione

L’articolo 27 della legge di bilancio stabilisce che per l’anno 2025, come riportato da Fanpage, non sarà riconosciuto l’adeguamento automatico all’inflazione per i pensionati che vivono fuori dall’Italia.

Tuttavia, c’è un’importante eccezione: chi riceve un assegno inferiore al trattamento minimo Inps continuerà a beneficiare della rivalutazione. Nel 2024, il minimo Inps corrispondeva a 598,61 euro al mese e, con l’incremento previsto per il 2025, salirà leggermente oltre i 600 euro.

Il governo stima che tra i pensionati all’estero, circa 60.746 persone non beneficeranno dell’aumento, in quanto ricevono un assegno superiore al minimo. Questa decisione coinvolgerà non solo chi percepisce pensioni particolarmente elevate, ma anche molti ex lavoratori con assegni inferiori ai 1.700 euro lordi al mese.

Per esempio, 31.179 pensionati con una pensione media di 745 euro mensili vedranno bloccata la rivalutazione, nonostante si tratti di importi ben lontani da quelli delle cosiddette “pensioni d’oro“.

Perché il governo ha scelto questa misura

La decisione del governo Meloni di sospendere la rivalutazione per i pensionati all’estero si inserisce in un contesto di contenimento della spesa pubblica.

L’obiettivo è risparmiare 8,6 milioni di euro nel 2025, una cifra che resterà costante fino al 2028, quando la platea dei pensionati colpiti dovrebbe iniziare a ridursi per ragioni anagrafiche.

Va sottolineato, però, che l’effetto complessivo sul bilancio dello Stato sarà limitato. La misura, infatti, rappresenta più un segnale politico che un vero e proprio intervento strutturale per risanare i conti pubblici.