Le critiche e le preoccupazioni sollevate dal DEF senza cifre dettagliate di Meloni e Giorgetti, e le possibili conseguenze.
La strategia del governo, capeggiato da Meloni e Giorgetti, di non rivelare le cifre esatte nel prossimo Documento di Economia e Finanza (DEF) ha sollevato un’ondata di preoccupazioni tra gli addetti ai lavori. Questa mossa, pensata per ottenere condizioni più vantaggiose dalla nuova Commissione Europea, è vista come rischiosa e potenzialmente dannosa per la fiducia nell’economia italiana.
La preoccupazione degli esperti per il DEF
Secondo Giampaolo Galli, esperto dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, “il governo sarebbe tenuto a fare sia il quadro tendenziale sia quello programmatico; è già successo con Draghi che non si presentassero le stime programmatiche, ma allora eravamo a cavallo con le elezioni del 2022“. Questa mancanza di trasparenza, per Galli, potrebbe minare la credibilità del governo in un momento delicato. Come riportato da affaritaliani.it
La reazione di Irene Tinagli
Approfondendo le critiche, Irene Tinagli, deputata del Partito Democratico e presidente della commissione per i problemi economici e monetari a Bruxelles, ha messo in luce le potenziali ramificazioni di un tale approccio: “Un DEF senza le indicazioni programmatiche sarebbe una grave mancanza, lascerebbe tutti nell’incertezza: i cittadini, gli investitori, le istituzioni europee e internazionali“. Tinagli sottolinea come l’assenza di chiarezza nei numeri possa rivelarsi un ostacolo non solo per la gestione interna, ma anche per la credibilità dell’Italia sul palcoscenico europeo e mondiale. Come ripreso da affaritaliani.it
Il Tesoro e Palazzo Chigi hanno concordato sull’approvazione di un DEF che comprenda solo stime a legislazione vigente, escludendo gli obiettivi specifici di finanza pubblica. Questa scelta, se confermata, potrebbe avere ripercussioni significative sull’immagine e sulla stabilità economica del paese, specialmente in un contesto dove il Superbonus ha già raggiunto impatti economici rilevanti, spingendo verso i 250 miliardi di euro.