La relazione dei periti del Gip durante la ripresa del secondo incidente probatorio: corroso il 99% dei cavi.
ROMA – La relazione dei periti del Gip resa nota durante il secondo incidente probatorio aggrava la posizione di Autostrada e Aspi. Secondo quanto riferito da La Repubblica, gli esperti hanno confermato che il 99% dei cavi dello strallo che ha causato il crollo della struttura era corroso.
Dei 464 trefoli presente solo in cinque erano in buono stato. Una versione che conferma la mancanza di cura del viadotto, venuto giù il 14 agosto 2018. Gli approfondimenti andranno avanti nei prossimi giorni per accertare meglio quanto successo.
Stato di corrosione non omogoneo
Come scritto da La Repubblica, i periti nominati dal Gip hanno analizzato il reperto 132, cioè la parte sommitale della pila 9, decisiva per il crollo del Ponte Morandi. All’interno dello strallo sono presenti dei cavi che, a loro volta, sono costituiti da fili.
Il grado di corrosione nei trefoli, però, non è omogeneo. In alcuni punti la percentuale è più alta, in altri più bassa. I fari sono puntati, naturalmente, sulla parte più corrosa dei cavi. E’ stata quella, infatti, a provocare la caduta del viadotto. Sono in corso tutti gli accertamenti e e udienze proseguiranno nelle prossime settimane.
Il processo sul Ponte Morandi
Il processo sulla caduta del Ponte Morandi proseguirà nelle prossime settimane. Nelle udienze in calendario si continuerà con la lettura dei capitoli della relazione dei periti consegnata nel dicembre 2020.
“Non sono stati individuati fattori indipendenti dallo stato di manutenzione e conservazione del ponte che possano avere concorso da determinare il crollo – si legge nel documento – se gli interventi manutentivi fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento“.
Una relazione che complica la posizione di Autostrade in questa indagine. Maggiore attenzione, infatti, avrebbe evitato la tragedia del 14 febbraio 2018.