Proteste contro la mobilitazione parziale in Russia, fermate oltre 1.300 persone che vi hanno partecipato.
A riportare la notizia è l’ong Ovd-Info. Le proteste si sono svolte in 39 città della Russia, il numero preciso di persone fermate è 1.307 per adesso. La città col maggior numero è Mosca, dove la polizia ha preso 527 persone e trasportate sulle camionette della polizia. A San Pietroburgo si registrano 480 fermi.
Inoltre, bombardamenti russi, nelle ultime 24 ore hanno provocato la morte di 5 civili nella regione di Donetsk: due a Kurakhove, uno a Bakhmut, uno ad Avdiivka, uno a Karlivk, i feriti sono 12. A dare la notizia è il governatore in esilio Pavlo Kyrylenko, citato dal Kyiv Independent. Il governatore ha inoltre affermato che dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, sono stati uccisi 873 civili nell’oblast di Donetsk, esclusi Mariupol e Volnovakh.
Riguardo la minaccia nucleare
La portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova, ha risposto alle parole di Joe Biden pronuciate negli scorsi giorni riguardo la minaccia nucleare. La portavoce ha definito “indecente la falsa citazione da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden sulle parole di Vladimir Putin sulla minaccia nucleare”.
A riportarlo è Ria Novosti scrivendo su Zakharova “Quanto al discorso del Presidente degli Stati Uniti, ritengo assolutamente indecente come è iniziato. Il fatto è che avrebbe iniziato a “citare il presidente della Russia. Noi, come sempre, abbiamo iniziato a ricontrollare le parole di Biden. Biden lo ha detto di sicuro, ma il presidente della Russia non l’ha detto”.
I Prigionieri liberati dalla Russia
Infine, i leader del battaglione Azov che per settimane hanno difeso l’acciaieria Azovstal di Mariupol, sono tra i prigionieri rilasciati dalla Russia. Si tratta del comandante Denis Prokopenko “Redis” e il suo vice Svyatoslav Palamar “Kalina”.
A questo proposito l’ex comandante dell’Azov Andrey Biletsky ha scritto sui social: “Ho appena parlato al telefono con Radish, Kalina, tutti hanno uno spirito combattivo e sono persino desiderosi di combattere. Un’altra conferma che Azov è di acciaio. Adesso i ragazzi sono già liberi, ma in un Paese terzo. Rimarranno lì per un po’, ma la cosa principale è già accaduta: sono liberi e vivi“.