“Condizioni di lavoro che ledono la dignità”: scandalo fra i dipendenti del Papa

“Condizioni di lavoro che ledono la dignità”: scandalo fra i dipendenti del Papa

Tensioni emergenti ai Musei Vaticani: 49 dipendenti del Papa lanciano gravi accuse di mala gestione e discriminazioni.

La Santa Sede potrebbe trovarsi di fronte alla sua prima class action storica, mossa da 49 dipendenti di Papa Francesco, nei Musei Vaticani.

Gli impiegati, tra cui custodi, un restauratore e un addetto al bookshop, accusano il loro datore di lavoro di varie violazioni dei diritti lavorativi.

Problemi per Papa Francesco: le accuse dei dipendenti

L’avvocato che rappresenta i dipendenti, come riportato da Open, ha inviato un atto formale al cardinale Fernando Vergez Alzaga.

In questo atto si legge: “Eminenza Reverendissima, le condizioni di lavoro ledono la dignità e la salute di ciascun lavoratore. È evidente la mala gestio, che sarebbe ancora più grave se fosse frutto della sola logica di ottenere maggiori guadagni“.

Una delle più gravi accuse riguarda la gestione dei lavoratori malati. “Quando un lavoratore si trova in malattia, quest’ultima si trasforma in un vero e proprio obbligo di dimora“, si afferma nell’atto.

Segnalando, quindi, casi in cui i lavoratori venivano denunciati per essersi allontanati da casa per andare dal medico.

I dipendenti denunciano anche discriminazioni relative alla gestione dei caregiver. Gli avanzamenti di carriera sembrano essere arbitrariamente gestiti dai superiori.

Un evidente sospetto è che “influisca negativamente il fatto che il lavoratore assista un proprio famigliare affetto da grave e conclamata infermità“, con conseguente penalizzazione nelle valutazioni.

Problemi emergenti durante il Covid-19

Durante la pandemia da Covid-19, la mancanza di ammortizzatori sociali in Vaticano è diventata evidente.

Non esiste cassa integrazione, non ci sono misure di sostegno del reddito in caso di crisi o fasi di totale disoccupazione“, lamentano i dipendenti.

Inoltre, il “Avviso debito d’ore” emesso a ottobre 2021 ha obbligato molti lavoratori a restituire gli stipendi ricevuti durante i periodi di chiusura forzata, aggravando ulteriormente la situazione.