Le riforme costituzionali di autonomia e premierato rischiano di dividere il governo, Meloni e Salvini cercano un compromesso.
La tensione tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini è emersa chiaramente sotto i riflettori politici recenti. Dopo la sentenza della Consulta che ha indebolito il ddl Calderoli, i leader di governo si trovano a navigare un mare agitato di riforme che mettono in discussione la tenuta dell’alleanza. Salvini insiste affinché l’autonomia regionale sia trattata come priorità, sostenendo che la sua realizzazione è già contemplata dalla Costituzione e, dunque, dovrebbe precedere altre riforme come il premierato.
Il difficile equilibrio tra autonomia e premierato nel governo
Dal lato opposto, Meloni preferirebbe mantenere un approccio più ponderato. La presidente del Consiglio teme che un’accelerazione sull’autonomia possa compromettere il delicato incastro politico che sostiene la coalizione. Le tre riforme chiave – autonomia, premierato e la separazione delle carriere dei magistrati – devono essere trattate come parti di un unico mosaico, ma i rischi di rotture o rallentamenti sono sempre più concreti.
La strategia di Meloni per evitare una crisi di governo
Meloni è ben consapevole dei rischi politici rappresentati dall’insistenza di Salvini. Nonostante la sua apparente disponibilità a discutere, è chiaro che la leader di Fratelli d’Italia non vuole lasciare che l’autonomia diventi un cavallo di battaglia esclusivamente leghista, soprattutto per l’impatto che potrebbe avere sul Mezzogiorno e sulla tenuta elettorale del suo partito. Per evitare strappi, Meloni è disposta a rivedere i termini delle riforme, magari annacquando alcuni aspetti critici per placare gli animi interni e le preoccupazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
D’altra parte, la strada delle riforme non è priva di ostacoli, e il rischio di una “crisi delle riforme” rimane concreto. Con la separazione delle carriere, ad esempio, si rischia di incorrere in un duro scontro con la magistratura, già fortemente critica.
La difficoltà di conciliare velocità e consenso appare evidente, e la necessità di aprire al dialogo con le opposizioni per sminare potenziali referendum rappresenta un ulteriore grattacapo. In gioco c’è il tentativo di portare i cittadini al voto sulle riforme entro il 2026, un obiettivo che Meloni intende perseguire con determinazione, sebbene il calendario parlamentare sembri suggerire tempi lunghi.
Le manovre di Meloni e Salvini rischiano di trasformarsi in un pasticcio politico di portata nazionale, in cui ogni decisione potrebbe ridefinire gli equilibri dell’esecutivo. Resta da vedere chi riuscirà a imporsi nel delicato gioco di compromessi che attende il governo nei prossimi mesi.