Scudetto al Napoli: la mano di Dia e la scaramanzia
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Direttore: Alessandro Plateroti

Scudetto al Napoli: la mano di Dia e la scaramanzia

LUCIANO SPALLETTI

La fretta di celebrare il tricolore ha fatto dimenticare l’antica tradizione legata alle credenze popolari, ma all’agognato traguardo ormai manca solo un punto

La festa per lo scudetto del Napoli è solo rimandata. Nessun dramma, per carità. Però è curioso notare come il popolo partenopeo abbia infranto la tradizione facendo partire le celebrazioni molto prima che la mano di Dia raffreddasse gli animi: non solo Napoli è la capitale della scaramanzia, ma nel calcio la superstizione è regina, a ogni latitudine.

napoli panoramica
napoli panoramica

Partiamo dalla parola “scudetto”: un’antica regola non scritta vuole che non la si pronunci mai, se non a cose fatte. Analogamente, un obiettivo al quale si tiene molto non va mai nominato, magari trincerandosi dietro la formula del “non succede, ma se succede…”. Il tunnel che conduce i giocatori del Napoli sul terreno di gioco dello stadio intitolato a Diego Armando Maradona è tappezzato di icone religiose, così come il segno della croce e altri gesti di devozione, di varie religioni, accompagnano sul campo campioni delle squadre più titolate del mondo. Tra i vari casi, spicca quello di Ferdinando Coppola, ex portiere di Napoli e Bologna, che con lo scotch appiccava un santino della Madonna sul palo.

A proposito di ingresso in campo, spesso notiamo strani saltelli da parte dei calciatori: c’è chi deve per forza entrare in campo con lo stesso piede, oppure Esteban Cambiasso che faceva tre saltini per poi toccare terra con la mano destra, Cristiano Ronaldo che mette i tacchetti a mollo in acqua calda o il famoso bacio che Laurent Blanc dava sulla pelata del portiere Fabien Barthez prima di ogni partita della nazionale francese, che nel 1998 arrivò fino al titolo mondiale.

Stadio Maradona Napoli
Stadio Maradona Napoli

La scaramanzia dilaga anche tra i dirigenti. Quando era presidente della Juventus, Giampiero Boniperti lasciava sempre lo stadio a fine primo tempo. A Pisa, Romeo Anconetani spargeva il campo di sale per allontanare le influenze maligne, mentre ad Ascoli sono diventati un’icona i calzini rossi di Costantino Rozzi, che poi sono stati inseriti nella divisa della squadra bianconera come omaggio postumo.

Passando agli allenatori, Nils Liedholm si faceva consigliare la formazione da amici astrologi e aveva le tasche piene di amuleti. Oronzo Pugliese arrivava persino a portarsi una gallina in panchina, mentre Giovanni Trapattoni, quando era c.t. della nazionale, venne beccato dalle telecamere nell’atto di versare dell’acqua santa da un’ampolla.

Db Napoli 01/08/2016 – amichevole / Napoli-Nizza / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

Stranezze del calcio italiano? Non tanto: Raymond Domenech escluse Robert Pires dal mondiale 2006 perché non voleva giocatori dello Scorpione, mentre Rino Gattuso alla vigilia di ogni partita leggeva libri di Dostoevskij comodamente seduto sul water. Valery Lobanovski, leggenda del calcio sovietico e poi ucraino, aveva bandito la maglia numero 13. John Terry, da capitano del Chelsea, prima di ogni partita ascoltava lo stesso cd di Usher. I riti propiziatori sono una forma tipica di scaramanzia calcistica: dalle cravatte gialle di Adriano Galliani, al pacchetto di biscotti Plasmon che Pippo Inzaghi mangiava prima di ogni partita.

E proprio a Napoli tutto questo vasto repertorio di scaramanzie è stato abbandonato per la fretta di festeggiare il terzo scudetto? Poco male, perché per la certezza matematica manca soltanto un punto. Anzi, se la Lazio non vincesse contro il Sassuolo, il Napoli sarebbe campione d’Italia già prima di scendere in campo. Fatti gli scongiuri del caso, la festa è solo rimandata.

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ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023 17:31

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