Stop auto a benzina e diesel dal 2035. I rischi

Stop auto a benzina e diesel dal 2035. I rischi

L’eventuale stop europeo legato alle vendita di auto a benzina o diesel, a partire dal 2035, potrebbe provocare una pesante crisi del settore.

Il settore in crisi farebbe capo alla componentistica italiana dedicata alla creazione dei motori a scoppio. A farlo sapere, è il Ministero dello Sviluppo economico, il quale mette l’accento su come 101 aziende verserebbero in una condizione di rischio chiusura.

Queste realtà sarebbero specializzate nel powertrain, ossia in quel modulo della macchina e della moto, caratterizzato dalla combustione interna, e che presto sarà eliminato dalla circolazione.

La crisi del settore componentistica

Gli eventi climatici estremi degli ultimi mesi, mostrano quanto sia urgente mettere in campo azioni immediate e radicali per lottare contro il climate change, ma il dato evidenza come, senza un piano di riconversione ecologica efficiente, migliaia di lavoratori rischiano di perdere il posto di lavoro. Un piano che dovrebbe andare oltre i finanziamenti del Pnrr, sufficienti per avviare la transizione ecologica, ma non per completarla entro il 2035.

Le realtà aziendali interessate, potrebbero protrarre il lavoro per garantire i ricambi, assicurando così la reperibilità anche nel decennio successivo allo stop. Ma non è tutto! Questi potrebbero continuare a godere di un rifornimento da parte di grandi Paesi costruttori, come Cina, India o ancora Stati Uniti, realtà che non contemplerebbero alcun limite rispetto a quanto discusso in sede europea.

I disagi previsti

Già oggi, dopo la crisi Covid e visto che il mercato dell’elettrico ancora non decolla, sono a rischio circa 6mila posti di lavoro in Italia. Il principale gruppo italo-francese, quello Stellantis nato dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Peugeot, vede due stabilimenti in forte rischio. Si tratta di quelli di Cento (Ferrara) e Pratola Serra (Avellino), dove si producono sempre meno motori e sono in atto procedure di uscita con incentivi oltre alla cassa integrazione ordinaria per centinaia di dipendenti.