Ue chiede nuovi antibiotici, per Big Pharma non conviene

Ue chiede nuovi antibiotici, per Big Pharma non conviene

Le imprese non investono più sugli antibiotici e chiedono all’Ue una sorta di “premio” per invertire la tendenza.

L’agenzia europea del farmaco comunica che la carenza di farmaci sta colpendo 25 Paesi sui 27. I fattori rilevanti dello scarso approvvigionamento sono stati senza dubbio l’arrivo del Covid e la guerra in Ucraina, con i costi energetici maggiori e l’aumento improvviso della domanda. Ma c’è un altro elemento determinante: per Big Pharma non è più conveniente produrre antibiotici.

Medicinali

La resistenza antimicrobica

In uno scenario in cui la proabilità di un rialzo dei decessi aumenta, la posizione presa da Big Pharma è preoccupante. La resistenza dei batteri agli antibiotici ha portato via circa 700mila persone ogni anno. Sui 35mila morti all’anno nell’Ue per tale fenomeno, quasi 10mila riguarda l’Italia.

Secondo gli esperti, è necessario investire nella ricerca e nello sviluppo di nuovi e innovativi farmaci, per combattere le infezioni resistenti ai farmaci. In alternativa, si potrebbe estendere la durata delle scorte esistenti di antimicrobici con la prevenzione delle malattie e misure per combatterne l’uso eccessivo.

La reazione dell’Ue

Negli ultimi anni l’Europa ha iniziato un piano d’azione, One Health, con l’obiettivo di contrastare l’uso inappropriato degli farmaci da parte delle persone e di ridurre il loro ricorso eccessivo. In secondo luogo si rilancia la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici, ma è qui che Big Pharms frena questa possibilità.

Proprio a causa delle prospettive commerciali che mirano a ridurre gli abusi di questi medicinali, i giganti farmaceutici hanno interrotto la ricerca in questo campo. Un recente studio rivela che i 18 antibiotici emersi nell’ultimo decennio hanno guadagnato appena 15,3 milioni di euro all’anno, in contrasto con i circa 1,5 miliardi che servono per portare un nuovo antimicrobico sul mercato.

Il Tee, una soluzione allo stallo

Potrebbe rappresentare una soluzione il Transferable exclusivity extension (Tee): un “premio” per le aziende che otterrebbero, immettendo sul mercato un nuovo antibiotico, il diritto di estendere di 12 mesi il monopolio nell’Ue su un altro farmaco di loro proprietà o di rivendere tale diritto a un’altra azienda. 

Secondo l’Efpia, questo sistema potrebbe ridurre i rischi legati agli investimenti in nuovi antibiotici, compensandoli con i ricavi realizzati su farmaci più “sicuri” per il business, e inoltre ridurrebbe i costi per la sanità pubblica rispetto a quanto costerebbe ai governi Ue finanziare la ricerca.