Ue vicina alla resa dei conti sugli eurobond. Il governo Conte si spacca sul Mes

Ue vicina alla resa dei conti sugli eurobond. Il governo Conte si spacca sul Mes

Emergenza coronavirus, si avvicina il momento della resa dei conti in Ue sugli eurobond. Intanto nel governo Conte c’è chi apre al Mes…

L’Unione europea si avvicina al momento della resa dei conti sugli eurobond. L’ultimo Eurogruppo si è concluso con la bilancia che pende verso la Germania e l’Olanda, che hanno portato a casa il Mes in versione soft. L’Italia al momento in mano ha poco o nulla. L’impegno scritto degli Stati Membri a prendere in considerazione misure alternative e innovative per la gestione della crisi. Ma il tempo stringe.

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Ue, si avvicina la resa dei conti sugli eurobond

Il prossimo appuntamento europeo è fissato per il 23 aprile. Giuseppe Conte in diverse occasioni ha sottolineato come una decisione coraggiosa debba essere presa in tempi brevi. Altrimenti tutti gli sforzi sarebbero vanificati. Il 23 aprile di cui sopra rappresenta già una data limite. Per quel giorno il governo italiano pretende una risposta da parte dell’Unione europea, chiamata a decidere se prendersi cura dell’Italia o tagliarla fuori.

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Il caso Mes divide il governo

Oltre che con la questione europea, Giuseppe Conte deve fare i conti anche con le divisioni interne, e quelle riguardano il Mes.

Il Partito democratico difende l’operato del Ministro Gualtieri in campo europeo e fa sapere di non essere intenzionato ad approvare l’adozione del Mes. Al contrario i dem sono favorevoli alla cassa integrazione europea.

Italia Viva di Matteo Renzi è decisamente meno propensa a chiudere la porta al Mes. Anche nelle ultime ore il leader del partito ha fatto sapere che lui accetterebbe volentieri il sostegno senza condizionalità predisposto dall’Ue. E tra i banchi di Iv c’è chi accusa Conte di aver preso una decisione populista senza aver consultato tutte le forze di maggioranza.

La sensazione è che ormai il Mes sia fuori discussione. Giuseppe Conte ci ha messo la faccia assicurando che l’Italia non lo adotterà. Ne va della credibilità del premier e del rapporto con le opposizioni, pronte al colpo di mano in caso di passi falsi da parte del governo.