Il premio Nobel per la Medicina nel 2019, Gregg Semenza, ha parlato del vaiolo delle scimmie, diffondendo tranquillità.
Il vaiolo delle scimmie sta preoccupando tutta Europa. Dopo due anni e mezzo di pandemia di Covid-19, l’umanità è ormai stanca di doversi contenere, di indossare mascherine, di vaccinarsi in continuazione e di adottare altre misure per prevenire i contagi. Sebbene l’importanza di misure sanitarie per contenere i contagi, durante una pandemia, è stata compresa dalla maggior parte della popolazione mondiale, l’umanità è stanca dei virus e di quello che comportano. Da ciò, quando è arrivata la notizia di un outbreak di vaiolo delle scimmie in Spagna, tutti si sono preoccupati. I casi in Italia sono ancora pochi, ma l’allarmismo è tanto. Eppure, il premio Nobel per la Medicina nel 2019, Gregg Semenza, ha tranquillizzato tutti.
Le parole del Nobel
“I casi di vaiolo delle scimmie sono ancora limitati, e non sappiamo nemmeno quante persone hanno ancora l’immunità vaccinale, ad esempio gli anziani che hanno fatto il vaccino anni fa per il vaiolo. I giovani non hanno ricevuto il vaccino per il vaiolo, ma i vaccini ci sono e possono essere utilizzati se servirà, possiamo stare tranquilli“. Queste le parole di Gregg Semenza all’AdnKronos Salute, in occasione dell’inaugurazione della San Raffaele Business School, a margine del convegno ‘Economia e salute, la ricerca alla base delle grandi scoperte’, tenutosi a Roma. “Le ‘armi’ che ci proteggevano da quel virus sono le stesse cose che ci proteggono oggi dal Covid, quindi – ha continuato Semenza – tutto questo significa che la protezione indotta dai vaccini contro il vaiolo allora ci proteggerà anche oggi“.
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Semenza ha anche parlato della condizione della ricerca in Italia. “I giovani scienziati fanno le scoperte, gli scienziati anziani ricevono i premi. La fiducia nei giovani è forse il segreto per una rigorosa e produttiva ricerca scientifica in qualunque Paese. Perdere i giovani costretti ad emigrare in Paesi più attrattivi per la ricerca vuol dire impoverire gravemente un Paese“. Da ciò, per il Nobel, bisogna “saper investire a lungo termine nei giovani ricercatori non solo per le carriere ma, soprattutto, per le idee più promettenti che essi generano non solo per la conoscenza, ma anche per l’efficienza e l’economicità dei sistemi sanitari e la vivibilità del nostro ambiente e delle nostre bellissime città”.