Mentre si discute la pace in Ucraina, il presidente Zelensky chiude la porta a ogni tipo di “regalo” territoriale a Putin.
In un momento cruciale del conflitto tra Russia e Ucraina, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky riafferma con fermezza la sua posizione: nessun territorio sarà “regalato” alla Russia in nome della pace. Mentre a Washington si discute la possibilità di riconoscere le regioni occupate da Mosca, il Cremlino resta irremovibile sulle sue pretese. Sullo sfondo, Emmanuel Macron ha recentemente svelato la verità sulla cosiddetta “terza sedia”.

La nuova tregua temporanea di Putin
In questo clima di forte tensione, come riportato dall’Ansa e Sky News, Vladimir Putin ha ordinato una nuova tregua di tre giorni, dall’8 al 10 maggio, nel tentativo di sospendere temporaneamente i combattimenti. Nonostante questo, come riferito dalla Casa Bianca, Donald Trump ritiene che tali tregue non siano sufficienti e continua a spingere per un cessate il fuoco permanente.
Sul terreno, però, la guerra non si è fermata. Nella notte, un attacco di droni russi ha colpito Kiev, causando incendi in diverse zone della capitale e una donna è rimata ferita nel distretto di Desnyanskyi, come riportato dal sindaco ai media locali.
La posizione di Zelensky
Durante un vertice organizzato dalla Polonia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito con forza la sua posizione nel corso di un intervento in videoconferenza. “Vogliamo tutti che questa guerra finisca in modo giusto, senza regali a Putin, soprattutto terre“, ha dichiarato, sottolineando che non ci saranno concessioni territoriali come condizione per la pace.
Nel frattempo, alcune fonti riportate dall’agenzia Bloomberg riferiscono che a Washington si starebbe valutando l’idea di riconoscere le regioni ucraine occupate da Mosca. Un’ipotesi che va in direzione opposta rispetto alla linea indicata dal leader ucraino.
Dall’altra parte, il presidente russo Vladimir Putin continua a pretendere il pieno controllo di quattro regioni ucraine, pur senza averle completamente occupate, ponendo questa richiesta come condizione fondamentale per porre fine al conflitto.