Covid, la strategia di Mario Draghi: come far ripartire l’economia dopo il dramma dell’emergenza sanitaria e la crisi economica?
In una svolta non tanto a sorpresa della crisi di governo più pazza del mondo, come la definiscono in molti, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito l’incarico a Mario Draghi anche per la sua esperienza in materia di economia e per i suoi rapporti con l’Europa.
Una figura di spessore
I prossimi mesi saranno cruciali per l’Italia. Il Paese dovrà presentare il Recovery plan e dovrà avviare i lavori. Sostanzialmente la politica lascia il posto all’economia. E da questo punto di vista Mario Draghi potrebbe rappresentare una risorsa. Ma come si articola il pensiero economico dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea?
La vocazione europeista
Mario Draghi è una figura fortemente europeista. Non a caso e a pieno titolo viene indicato come il Salvatore dell’Euro. L’ex numero uno della Bce rappresenta una vera e propria istituzione nella zona Euro, ha stretto rapporti con i principali leader europei ed è un uomo in grado di fare la voce grossa ai tavoli europei.
L’economia e il Covid: il pensiero di Mario Draghi
Recentemente Mario Draghi ha affrontato inevitabilmente anche il dramma del Covid, soprattutto dal punto di vista economico. Ha fatto il giro dell’Europa la sua lettera al Financial Times nella quale poneva l’accento sul rischio di aumentare in maniera non costruttiva il debito pubblico, che da anni rallenta la crescita del governo.
Lo stesso Draghi ha parlato di debito buono e debito cattivo. Il debito cattivo è quello che di fatto non porta da nessuna parte. Il debito buono è quello accumulato per avviare meccanismi produttivi, quindi un ritorno economico.
“In base a tutte le previsioni, i tassi d’interesse resteranno bassi per molto tempo. La mia congettura è che, in ultima analisi, la sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse di Next Generation EU. Se saranno sprecate, il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita. Se invece i tassi di rendimento dei progetti fossero elevati e tali da giustificare l’investimento pubblico, allora la crescita arriverebbe e diventerebbe il fattore decisivo per la sostenibilità del debito”, sosteneva Mario Draghi.
Una sorta di investimento quindi: spendere per guadagnare avviando progetti a lungo termine con un ritorno costruttivo.
Gli aiuti a pioggia
Non sorprende, alla luce della sua storia, che per Mario Draghi i numeri dettino legge, scrivano e impongano lo spartito da suonare. L’ex numero uno della Bce, non contrario a politiche espansive, ha sempre condannato gli aiuti fini a sé stessi, quelli per tenere in piedi quelle realtà che vivono solo grazie agli aiuti stessi. E in Italia ci sono diverse realtà di questo tipo, che dal punto di vista prettamente economico rappresentano un fardello.