Circa 1,5 milioni di lavoratori potrebbero incorrere nel taglio del loro stipendio. Si ipotizzano delle soluzioni per ovviare al problema.
I lavoratori con contratti nazionali non riconducibili ai Ccnl più diffusi del settore, sarebbero a rischio taglio dello stipendio. Si tratta di un milione e mezzo di lavoratori dipendenti in Italia che, a causa del “dumping salariale”, rischia subire delle decurtazioni sulla paga
Il dumping salariale
Ma cosa è il dumping salariale? Si tratta di una pratica che consente al datore di lavoro di aumentare gli utili dell’impresa ed avere costi più bassi ed essere maggiormente competitivo sul mercato. Tutto questo a spese della diminuzione dello stipendio dei suoi lavoratori.
Il rischio del taglio dello stipendio lo ha affermato la Cgia, ovvero l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre. La Cgia ha spiegato che al netto dei dipendenti dell’agricoltura e del lavoro domestico, nel nostro Paese i destinatari dei 933 contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti alla fine del 2021 sono 12.991.632 occupati.
In questo intero, circa il 12% non è “riconducibile” ai principali Ccnl (ovvero i contratti collettivi nazionali di lavoro) più diffusi del settore che, complessivamente, ammontano a 128 contratti. Questo 12% è pari a poco più di 1,5 milioni di dipendenti.
Per quanto riguarda gli 805 contratti che rimangono, sarebbero stati sottoscritti imprese e sindacati “minori”. Ciò significa che i livelli di rappresentatività sono ridotti e potrebbero non essere presenti nell’intero territorio italiano.
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro ha affermato che in questi contratti “è molto plausibile supporre che si annidino quelli a più elevato rischio di dumping”. Significa che gli 805 contratti che riguardano 1,5 milioni di dipendenti rappresentano “un’area grigia”. Questi contratti danno la possibilità a molte imprese di praticare “condizioni economiche al ribasso e gravi lesioni ai diritti dei lavoratori”, denuncia l’associazione di Mestre.
Quali sono le soluzioni possibili per contrastare il taglio dello stipendio
Una soluzione possibile potrebbe essere l’introduzione della legge sul salario minimo, già in vigore nella maggior parte degli stati che fanno parte dell’Unione europea. Secondo l’associazione artigiani, quella dell’introduzione della legge sul salario minimo non costituisce l’unica via percorribile.
Anche riducendo il cuneo fiscale si potrebbe ovviare al problema. Nella fattispecie ridurre la componente fiscale in capo ai lavoratori dipendenti, secondo la Cgia. Per ultimo, bisognerebbe rinnovare i contratti e stabilire una detassazione di tutte le indennità (ovvero quelle per il lavoro notturno, lavoro festivo e prefestivo). Lo scopo è quello di aumentare la produttività senza incorrere nell’inflazione.