L’era dello smart working, sarebbe destinata ad un epilogo dal prossimo settembre. Ma le cose stanno davvero così?
Stando ad alcuni osservatori però, lo smart working sarebbe destinato ad entrare nuovamente subito in gioco, non appena verrà inaugurata la stagione del gelo e delle piogge. Dopo aver giocato infatti un ruolo di primo piano, nell’incentivare la limitazione dei contagi da Covid-19, il lavoro da casa potrebbe ora servire a combattere la pesante emergenza energetica, il cui destino sarà quello di peggiorare senz’altro, nel corso dei prossimi mesi.
Ma per rendere questa possibilità davvero utile, dovremmo in teoria esser pronti a vivere un quadro simile rispetto a quanto già superato durante il lockdown, cioè quando gran parte delle attività e degli uffici sono rimasti chiusi a lungo.
Il dibattito politico
Sono già molti i Paesi in cui il tema sembra essere entrato a far parte del dibattito politico, all’indomani del conflitto in Ucraina da parte della Russia. Lo smart working, come antidoto per rimediare al ricatto sull’energia di Putin, ha rappresentato uno dei topic privilegiati dalla ministra del Tesoro spagnola María Jesús Montero e dal tedesco Robert Habeck. In Italia, a giugno scorso, una proposta in merito è stata avanzata in parlamento dagli onorevoli De Toma e Rizzetto di Fratelli d’Italia, il partito grande favorito per le elezioni del 25 settembre. I due deputati della squadra di Giorgia Meloni chiedevano una totale liberalizzazione del telelavoro, come risposta al caro energia.
Il concetto dietro queste posizioni, risulta apparentemente molto semplice. Più lavoro a distanza si traduce in meno spostamenti, meno riscaldamento ed elettricità per aziende e uffici, con un conseguente risparmio di consumi.