Cos’è l’Iron Dome, il suo funzionamento e le ragioni del recente fallimento nel fronteggiare missili balistici e droni.
I conflitti del Medio Oriente hanno spesso richiamato l’attenzione globale sull’efficacia delle tecnologie militari. Tra queste, l’Iron Dome si è distinta come una delle difese aeree più innovative e celebrate. Ma perché ora, dopo anni di successo, ha mostrato dei limiti?

Nascita e struttura del sistema
L’Iron Dome è nato dopo la guerra del Libano del 2006, in Israele, con l’obiettivo di creare una barriera efficace contro i razzi a corto raggio. Successivamente ha ricevuto un forte supporto dagli Stati Uniti, che hanno contribuito con tecnologie e fondi per rendere il sistema ancora più sofisticato. Ogni batteria comprende tre elementi chiave:
- Radar per la rilevazione dei razzi in arrivo,
- Computer che calcola la traiettoria e decide se intercettare,
- Lanciatore che spara missili intercettori se viene valutata una minaccia reale per aree civili o militari.
Secondo Rafael, l’azienda israeliana che ha progettato buona parte del sistema, l’Iron Dome raggiunge un tasso di intercettazione del 90%, limitando gravemente l’impatto degli attacchi.
L’Iron Dome non è solo una tecnologia, ma un baluardo politico e militare. Fa parte del sistema multilivello di difesa missilistica di Israele. Dal 2019, l’esercito statunitense ha acquistato due batterie per rafforzare la difesa a corto raggio, confermando l’alleanza strategica tra Stati Uniti e Israele che vige da decenni, attraversando amministrazioni democratiche e repubblicane.
Ruolo strategico e supporto USA
Il sistema ha protetto popolazioni civili, infrastrutture critiche, ospedali, scuole e basi militari, dando fiducia alla popolazione durante i periodi di intensi lanci di razzi da Gaza o dal Libano.
Tuttavia, recenti eventi hanno evidenziato un punto debole importante: l’Iron Dome non ha funzionato come previsto. Perché?
- L’attacco dall’Iran ha utilizzato missili balistici e droni, per i quali l’Iron Dome non è stato progettato.
- Alcuni razzi sono stati lanciati a bassa quota, rendendo difficile la rilevazione tempestiva da parte dei radar e lasciando poco margine al sistema per reagire.
- Lo scenario strategico era completamente diverso: non si trattava solo di minacce a corto raggio, ma di un attacco combinato e coordinato, che ha messo sotto pressione i meccanismi di calcolo e risposta del sistema.
L’Iron Dome rimane un sistema di difesa altamente efficace contro i razzi a corto raggio, con un tasso di intercettazione vicino al 90%. Tuttavia, l’ultimo attacco iraniano ha dimostrato che, quando le minacce mutano – come nel caso dei missili balistici e droni a bassa quota – il sistema può essere sorprendentemente vulnerabile.
In fondo è emersa la notizia chiave: l’Iron Dome non ha fallito nel suo ruolo originario, ma si è dimostrato insufficiente di fronte a una minaccia evoluta e multidimensionale. Per proteggere nuovamente la popolazione da simili attacchi, Israele potrebbe dover puntare su sistemi integrati di difesa più avanzati, capaci di coprire una gamma più ampia di minacce.
L’Iron Dome resta un pilastro difensivo, ma stavolta non era all’altezza della situazione – un dato che apre nuovi scenari per l’evoluzione delle strategie militari. Come riportato da agi.it