La metà dei boss scarcerati e trasferiti ai domiciliari durante la fase dura dell’emergenza coronavirus è ancora a casa.
Si torna a parlare dei boss mafiosi scarcerati durante la fase dura dell’emergenza coronavirus e trasferiti ai domiciliari per motivi di salute. Il caso, come noto, si era trasformato in argomento mediatico e aveva scatenato le proteste contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il problema è che a distanza di mesi la questione è ancora aperta.
Boss mafiosi ai domiciliari per il coronavirus, la metà è ancora a casa
Secondo i dati pubblicati da la Repubblica, su 223 soggetti scarcerati al 3 settembre ne risulterebbero fuori ancora 112. La metà di fatto. Almeno se consideriamo che delle 489 scarcerazioni totali nel periodo dell’emergenza coronavirus almeno 275 erano legate a motivazioni differenti contemplate dalla legge.
Tornando ai personaggi ancora ai domiciliari, non si tratta di personaggi secondari del panorama della criminalità organizzata. Ci sono esponenti arrestati per aver provato a rimettere insieme una parte di Cosa Nostra, quella vicina a Totò Riina, per essere precisi.
La posizione del Ministero della Giustizia
Il Ministero della Giustizia, citato da la Repubblica, ha voluto evidenziare come “il meccanismo del decreto si è rivelato decisivo perché, rispettando l’autonomia dei giudici, li ha chiamati a riconsiderare tutti i provvedimenti di scarcerazione e ha consentito di fare rientrare in carcere i boss più pericolosi“.
Scarica QUI il Decreto Agosto.