Coronavirus, cambia il rituale della morte. I figli non possono dire addio ai genitori, come in guerra.
Nell’emergenza coronavirus sta prendendo vita un dramma nel dramma, una tragedia psicologica che rischia di segnare la vita di migliaia di persone. E a lanciare l’allarme sono anche gli psicologi, che hanno sollevato il problema delle morti senza lutto. Delle persone morte senza poter salutare per l’ultima volta i propri cari. Figli che non hanno avuto la possibilità di dire addio ai propri genitori.
Coronavirus, il dramma nel dramma. Le morti senza lutto
Il coronavirus sta stravolgendo il concetto della morte e del lutto. Un Paese in quarantena, immobile davanti a un ricovero in ospedale senza preavviso, che avviene con la massima urgenza. Senza che i cari possano seguire il malato in ospedale, diventato un posto ad alto rischio per tutti. La prima linea della nuova guerra che si combatte quotidianamente.
I figli non possono dire addio ai padri
Nei casi peggiori, il secondo passo è quello della comunicazione del decesso. A morte avvenuta naturalmente. Una morte in solitudine. Una morte che non può essere onorata neanche con i funerali, rinviati a data da destinarsi.
Le bare portate via da Bergamo, una scena destinata a rimanere nella storia
Hanno fatto il giro della rete le immagini dei camion militari che, in colonna come un corteo funebre, hanno lasciato Bergamo con le bare a bordo. Bare trasportate fuori dalla Regione per la cremazione. Siamo di fronte a scene da film apocalittico, siamo di fronte a scene di guerra. Ma in fondo è così, siamo in guerra.
L’emergenza coronavirus colpisce tutti. In un modo o nell’altro
Il nuovo processo della morte rappresenta un trauma aggiuntivo per le persone che in questa battaglia stanno perdendo i propri cari. Un contraccolpo psicologico è inevitabile. Il dramma della morte cambia copione, diventa freddo e distaccato. Cambia il rituale. Niente addio, niente funerale, un evento che nella gran parte dei casi aiuta a realizzare effettivamente la perdita ammorbidendo il dolore.
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