Coronavirus sopravvive sulle superfici? Quali sono quelle pi ‘rischiose’ dove il virus sopravvive più a lungo? Gli ultimi studi dagli Usa.
Il coronavirus, come noto ormai, sopravvive sulle superfici. Sui tempie le modalità di sopravvivenza però ci sono ancora troppe incognite figlie anche di un’informazione che fino a questo momento non è riuscita ad essere omogenea e particolarmente esaustiva. Proviamo allora a fare un punto della situazione che possa essere chiaro e veritiero o quantomeno affidabile in base alle informazioni note.
Il coronavirus sopravvive sulle superfici?
Come detto, la premessa doverosa è che il coronavirus sopravvive sulle superfici. Questo non deve spaventarci perché, come sappiamo, si tratta di un virus particolarmente sensibile ai disinfettanti. Una corretta pulizia degli ambienti e degli abiti previene quasi ogni rischio di contagio.
Coronavirus, quanto sopravvive sulle superfici?
La risposta al momento più affidabile arriva dagli Stati Uniti, dove è stato fatto un esperimento per capire quanto possa sopravvivere il virus sulle varie superfici.
La resistenza del coronavirus è bassa sul rame. Su questo materiale la capacità infettiva viene dimezzata dopo due ore e sparisce quasi del tutto dopo quattro.
Sull’acciaio la capacità infettiva si dimezza solo dopo sei ore e sparisce dopo 48, mentre sulla plastica ne servono almeno sette per il dimezzamento e 72 per l’annullamento.
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In base allo studio messo a punto negli Stati Uniti sappiamo con certezza che il virus può trasmettersi quindi anche con il contatto indiretto, ossia toccando una superficie infetta.
Il contagio attraverso l’asfalto e la suola delle scarpe
Iniziamo l’analisi parlando dell’asfalto. Nei giorni scorsi sulla rete è circolato un audio in cui si invitavano le persone ad uscire di casa con un solo paio di scarpe e di lasciare le stesse fuori alla porta, in quanto il virus sarebbe potuto entrare in casa trasportato dalla suola delle scarpe. Una risposta di spessore arriva dall’Università di Milano: lo sporco crea una sorta di barriera che dovrebbe contenere la carica virale a quel punto irrisoria. C’è poi da fare un calcolo delle probabilità sulla possibilità di calpestare un droplet infetto. Insomma, l’allarmismo non sembra giustificato dalla conoscenza in materia. La prudenza è sempre giusta, il panico poche volte è costruttivo.
I vestiti
Anche per quanto riguarda l’abbigliamento siamo di fronte a un problema che sembra minimo. il rischio c’è nel caso in cui una persona infetta starnutisse ad esempio sul nostro cappotto. Uno scenario quasi impossibile se tutti rispettassimo la famosa distanza di sicurezza.
È bene sottolineare come, a detta dei medici e degli studiosi, la via principale per il contagio resta quella delle vie respiratorie. Quindi lo stretto contatto umano. Inoltre gli studi a disposizione sono svolti in condizioni ipotetiche e difficilmente aderenti alla realtà. Ad esempio è molto più probabile che le famose goccioline si depositino per terra piuttosto che sulla busta di un supermercato.
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