Si parla di sabotaggi e demonizzazioni, che non incentivano a dare risposte armoniche alle sfide economiche ed ambientali in campo.
Ne è convinto il presidente dell’Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile, Mauro Fontana, che in occasione del media workshop digitale ‘L’Olio di Palma in Italia. Resiliente, Sicuro, Sostenibile’ ha fatto il punto del settore. Fontana ha esordito, dicendo che: “Le sfide della crescita demografica e del cambiamento climatico, impongono un grosso cambiamento delle modalità produttive, sia in campo agricolo che industriale. Il tutto poi è drammaticamente peggiorato dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, che hanno messo in luce l’approccio troppo rigido di breve periodo degli ultimi decenni”.
“Serve una visione diversa più olistica e strategica. In questa logica la demonizzazione dell’olio di palma sostenibile è da evitare: se continuiamo a contrapporre le risorse rischiamo di non poter dare risposte equilibrate alle sfide che ci aspettano, in particolare sulla necessità di una quantità di risorse agroalimentari in termini di varietà e calorie necessari da qui al 2050”.
Il pensiero di Fontana
Nel food, ha detto Fontana, il 100% dell’olio di palma è sostenibile e il 95% è certificati Rspo: “Parliamo di un olio con origini conosciute e quindi tracciabili; prodotto senza convertire foreste e nel rispetto degli ecosistemi ad alto valore di conservazione; utilizza pratiche colturali rispettose delle foreste ad alto valore di carbonio; prodotto con pratiche agricole atte a preservare le torbiere; non proveniente dalla conversione in piantagioni di aree sottoposte ad incendi volontari; protegge i diritti dei lavoratori e promuove lo sviluppo dei piccoli produttori indipendenti”.
“Approvvigionarsi con olio di palma certificato sostenibile, dunque, significa puntare su controlli tali da garantire tutela del territorio e rispetto per l’ambiente e le persone”. L’impegno dell’Unione italiana olio di palma prosegue: “Come priorità del 2022, abbiamo quello di aprire ad un numero maggiore di stakeholder, quindi non più limitarci al settore alimentare e ai produttori, ma anche alle istituzioni, alla società civile, ai beni di largo consumo e alle aziende di distribuzione commerciale” epiloga Fontana.