Cosa è successo al Senato e cosa succede al ddl Zan dopo la tagliola che ha affossato il disegno di legge.
Il Ddl Zan si ferma al Senato e apre una frattura difficile da risanare all’interno della maggioranza di governo. Al termine della discussione generale sul testo, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato la cosiddetta tagliola, ossia la richiesta di non passaggio agli articoli avanzata da Lega e FdI. Ma esattamente cosa è successo in Senato e cosa succede al Ddl Zan.
Stop al Ddl Zan: tagliola e voto segreto, cosa è successo al Senato
Il colpo di scena del 27 ottobre è la richiesta di non passaggio agli articoli e la richiesta di votare con voto segreto. La seconda richiesta è stata al centro di un acceso dibattito. La Presidente del Senato Casellati ha definito ammissibile la richiesta e ha dato il via libera al voto segreto sulla tagliola. E a quel punto Pd e Movimento 5 Stelle hanno iniziato ad intuire concretamente i rischi.
Il voto segreto ha affossato il ddl Zan cancellandolo dall’agenda di Palazzo Madama per i prossimi sei mesi, almeno. L’aula del Senato ha approvato la taglio con 154 voti a favore, 131 contrari e 2 astenuti. Completano il quadro i 28 assenti.
I tiratori franchi che hanno affossato il ddl
A mettere a repentaglio la tenuta del governo è la caccia ai tiratori franchi che hanno deciso le sorti della votazione. Prima del voto Pd e M5s nutrivano la speranza di superare la trappola del voto tagliola messa sull’iter parlamentare del ddl Zan. E invece il voto segreto, come spesso accade, ha riservato sorprese sgradite. Secondo le indiscrezioni, sarebbero almeno 16 (forse anche due o tre in più) i senatori che hanno votato a favore della tagliola e che invece avrebbero dovuto votare conto. E i responsabili si cercano tra i banchi di Italia Viva e del Gruppo Misto. Ovviamente sono solo supposizioni essendosi trattato di un voto segreto.
Cosa succede adesso al Ddl Zan
Con l’approvazione della tagliola il ddl Zan viene affossato. Il testo torna in Commissione ma difficilmente tornerà in agenda prima di sei mesi. Questo significa che nel corso di questa legislatura potrebbero non esserci passi in avanti sul ddl. Se anche il Senato non dovesse fare i conti con temi più urgenti, i partiti, dando per scontato che il governo arrivi a fine legislatura, saranno a quel punto alle prese con la campagna elettorale.