La Cassazione critica il decreto sicurezza: una relazione di 129 pagine segnala diverse criticità. L’intervento dell’opposizione.
Nonostante il decreto sicurezza sia passato in Senato con tanto di esultanza da parte di Giorgia Meloni, una relazione di 129 pagine dell’Ufficio del Massimario della Cassazione ne evidenzia forti criticità. Il documento, come riportato da Il Messaggero, mette in discussione sia la legittimità di molte disposizioni contenute nel testo, ritenute “eterogenee” e “sanzionatorie” in modo eccessivo. Queste dichiarazioni hanno scatenato la reazione del deputato Angelo Bonelli.

Le accuse del deputato Angelo Bonelli
Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e co-portavoce di Europa Verde, ha commentato con durezza la relazione: “Il Massimario della Corte di Cassazione con la relazione 33/2025, depositata 2 giorni fa boccia il decreto sicurezza e ne mette in discussione la legittimità costituzionale“.
Accusa, inoltre, il governo di Giorgia Meloni di utilizzare il diritto penale come strumento repressivo: “È l’ennesima conferma di come questa destra stia trasformando la legge penale in uno strumento di propaganda“.
Secondo l’esponente politico, il decreto colpisce i più fragili e limita la libertà di espressione: “Meloni criminalizza la crisi sociale: porta in carcere operai che scioperano, come accaduto a Bologna, e studenti che protestano pacificamente, come i ragazzi di Venezia che hanno contestato i super ricchi“.
I dubbi della Cassazione sul decreto sicurezza: i dettagli
La Corte di Cassazione, attraverso il suo Ufficio del Massimario, sottolinea che il decreto sicurezza ricalca quasi integralmente il contenuto del disegno di legge approvato in prima lettura alla Camera il 18 settembre 2024 e poi trasmesso al Senato.
Secondo la relazione, non esistono elementi nuovi tali da giustificare la trasformazione del ddl in un decreto-legge: “Non c’è stato per unanime giudizio dei giuristi finora espressisi, alcun fatto nuovo configurabile come ‘casi straordinari di necessità e di urgenza’“.
“L’accelerazione dei tempi di discussione, la conseguente contrazione della possibilità di apportare emendamenti […] la complessiva compressione del pieno dispiegarsi di quei tempi e modi di dibattito” rappresentano, secondo la Cassazione, un danno per la qualità del processo legislativo, soprattutto su materie che riguardano diritti fondamentali e sanzioni penali.
Viene inoltre segnalata “l’estrema disomogeneità dei contenuti di questo testo“, con norme di natura molto diversa tra loro, che comprometterebbero la coerenza normativa del provvedimento.