La testimonianza dello psicologo e fondatore dell’Associazione Hikikomori Italia, Marco Crepaldi, sull’isolamento sociale volontario.
Negli ultimi due anni, la crisi pandemica ha peggiorato la condizione dei ragazzi volontariamente reclusi in casa, i cosiddetti “hikikomori”. Il fenomeno e la denominazione nascono in Giappone, eppure tutto il mondo sta facendo registrare dei numeri sempre più alti in merito alla cosiddetta ’emergenza solitudine’, acuita dalla pandemia. Ne ha parlato lo psicologo e fondatore dell’Associazione Hikikomori Italia, Marco Crepaldi.
Come nasce la parola hikikomori?
Stando alle parole di Crepaldi, “questa parola nasce in Giappone e viene usata per identificare quelle persone che si isolano dalla società e che passano tutto il tempo in casa o addirittura nella propria camera da letto. Possiamo definirli casi di isolamento sociale giovanile. È un fenomeno originariamente individuato in Giappone, ma che ha le stesse caratteristiche in casi anche nel resto del mondo, Italia compresa. È un fenomeno che nasce in adolescenza ma, non avendo una data di scadenza, può durare potenzialmente tutta la vita. Nasce tra i giovani, ma purtroppo riguarda sempre meno giovani”.
Quanto dura l’isolamento sociale?
Marco Crepaldi ha anche definito i tempi della reclusione volontaria alla quale si sottopongono gli hikikomori. “L’età media di inizio è intorno ai 15 anni, ma è una condizione che tende a cronicizzarsi perché si autoalimenta. L’isolamento ha origine nell’ansia sociale, nella paura del giudizio, nella sensazione di non riuscire a legare. La tendenza alla solitudine non fa che peggiorare la situazione: più si sta isolati, più si fa fatica ad uscirne in un circolo vizioso che può durare anche tutta la vita. In Giappone ci sono hikikomori over 40 che hanno cominciato in adolescenza”.
I numeri degli hikikomori in Italia
Stando a Crepaldi, i numeri in Italia sono i seguenti. “A differenza del Giappone, non abbiamo un sondaggio statale. Noi, come associazione, stimiamo un centinaio di migliaia di casi. Sicuramente il problema è incredibilmente diffuso, riceviamo decine di richieste di aiuto ogni giorno. È una bolla che prima o poi esploderà. Non se ne parla abbastanza contando che è un problema che crea tanti disagi agli hikikomori stessi e alle loro famiglie. Nei prossimi anni dovremo per forza parlarne di più”.