Berlino 1936 ha fatto da spartiacque nella storia delle Olimpiadi: il regime nazista sfruttò l’occasione per una grande propaganda. Jesse Owens fu l’assoluto protagonista, con 4 ori.
L’11/a edizione dei Giochi olimpici, Berlino 1936, marcò la differenza tra prima e dopo, in tutti i sensi. Anche perché ci vorrà poi il 1948 per la successiva manifestazione, dato che da lì a poco il mondo sarebbe precipitato nella Seconda Guerra Mondiale.
Berlino 1936, assegnazione e propaganda
Quando il Cio assegnò (1931) l’organizzazione dell’Olimpiade alla capitale tedesca, la Germania era ancora una democrazia. Poi, dal 1933 salì al potere Hitler: molte Nazioni proposero allora di cambiare sede e, inizialmente, il leader nazista apparve alquanto disinteressato. Tuttavia, egli cambiò idea quando Joseph Goebbels, ministro della propaganda, gli fece capire che tale occasione poteva rivelarsi un’efficace opera propagandistica per il suo regime nazista.
L’organizzazione
La Germania non badò così a spese, costruendo l’Olympiastadion, che poteva contenere più di 100.000 spettatori. Fu pubblicato anche un bollettino quotidiano, l’Olympia Zeitung, stampato in 14 lingue con una tiratura di 300.000 copie. L’occasione olimpica venne inoltre celebrata dal film propagandistico Olympia della regista Leni Riefenstahl. E per la prima volta l’evento venne ripreso in diretta dalle telecamere.
Jesse Owens, assoluto protagonista
Berlino 1936 vuol dire ancora oggi Jesse Owens. L’atleta nero statunitense incantò il mondo vincendo 4 ori nei 100, 200, 4×100 e nel salto in lungo. Nel campo femminile, la nuotatrice olandese Rie Masterbroek vinse tre medaglie d’oro, guadagnandosi l’appellativo di “imperatrice di Berlino”.
La spinta propagandistica data dal regime nazista alla manifestazione si concretizzò a livello sportivo con il primato nel medagliere: un successo agevolato dal “dilettantismo di Stato” che consentì agli atleti di prepararsi a tempo pieno, senza preoccupazioni economiche.