Conte presenta la ‘nuova Italia’ post coronavirus nella speranza che il Recovery fund proposto da Bruxelles non venga stravolto nel corso della trattativa europea. Ma rischia.
Giuseppe Conte è tornato a parlare agli italiani e lo ha fatto con una conferenza stampa che a dire il vero sembrava destinata all’Europa. Spese poche parole sulla riapertura delle Regioni – in fondo con i dati positivi e la mancanza o quasi di restrizioni c’è poco da dire – il Presidente del Consiglio ha fatto il punto sull’Italia del futuro e sul piano di investimenti fondato sui soldi proposti dalla Commissione europea.
Conte presenta l’Italia del dopo-Coronavirus
Il premier ha presentato un’Italia verde, tecnologica, digitale, più competitiva anche per quanto riguarda la giustizia civile e penale. Di fatto ha messo i paletti mandando un massaggio alla politica italiana tutta e a Bruxelles. Ha costruito gli argini che guideranno il flusso di fondi provenienti dall’Ue. Se il Recovery fund come proposto dalla Commissione europea dovesse passare. Questo è il primo nodo della questione.
Conte non ha parlato in via ipotetica. Ha presentato un piano, un progetto. E se i Paesi del Nord Europa dovessero bloccare il piano di Bruxelles o modificarlo in maniera sostanziale? Il governo non potrebbe mantenere la parola data. Non potrebbe coronare il progetto ambizioso presentato nella suggestiva cornice di Palazzo Chigi.
Ma c’è il problema dei fondi
Un secondo problema che ha bene a mente il ministro dell’Economia Gualtieri è quello del tempo. Con ogni probabilità i fondi dell’Unione europea non arriveranno in tempi propriamente brevi. E lo Stato non è propriamente nelle condizioni per investire sull’ambizioso progetto. Il governo deve prima risolvere un altro problema non proprio da poco.
Quello dei nuovi poveri, rimasti senza un lavoro e senza un reddito, che si aggrappano al sistema di aiuti costruito dallo Stato. Un sistema di aiuti che dal punto di vista pratico presenta ancora delle criticità. E non è un caso che con il trascorrere dei giorni aumentino i rischi legati all’esplosione della rabbia sociale.
Il rischio è che l’Italia possa essere costretta a chiedere nuovi fondi, votando un nuovo scostamento di bilancio in Parlamento e magari chiedendo uno sforzo da parte dell’Unione europea, che difficilmente muoverà ulteriori passi in avanti. Quindi bisogna fare ricorso agli strumenti noti, anche se il nome è Mes. Ma il Mes non lo vuole nella maniera più assoluta il Movimento 5 stelle, quindi all’emergenza economica potrebbe aggiungersene una politica.
La trattativa europea sul Recovery fund
Il timore che serpeggia è che il Presidente del Consiglio abbia fatto il passo più lungo della gamba, alzando il sipario sulla scena quando dietro le quinte il copione è ancora in fase di revisione e correzione. E la speranza è che la trattativa europea non porti a uno stravolgimento del piano. In quel caso il futuro sarebbe quantomai incerto.