A causa dei longevi problemi ambientali e sanitari causati dall’Ilva, alcuni cittadini di Taranto ne avevano richiesto la chiusura.
I cittadini di Taranto hanno messo in piedi una “class action” per far chiudere la centrale dell’Ilva. Per i giudici però questa è materia della Corte europea, rimettendo le questioni inerenti all’interpretazione della “normativa europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane”.
Richiesta alla Corte
La popolazione di Taranto negli ultimi anni ha fatto richiesta per chiudere l’Ilva per questioni ambientali e sanitarie. I giudici della sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale civile di Milano, presieduta da Angelo Mambriani, passano la palla alla Corte europea che potrebbe essere più competente.
Le questioni poste dal Tribunale, riflettendo la normativa speciale che disciplina fattività dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, si riferiscono alle emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane.
Precisamente, “al ruolo della valutazione di danno sanitario nel procedimento di rilascio e riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale; al set delle sostanze nocive che devono essere considerate ai fini del rilascio e riesame dell’Autorizzazione lntegrata Ambientale; ai tempi di adeguamento delle attività industriali svolte alle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale” – come si legge nel comunicato firmato dal presidente Angelo Mambriani.
Cosa c’è da valutare
Sarà necessario verificare la compatibilità con le norme europee dell’Italia come nel caso dell’Ilva. In presenza di un’attività industriale recante pericoli gravi, ambientali e sanitari, lo Stato Membro deve poter “differire il termine concesso al gestore” per adeguarsi all’Autorizzazione integrata ambientale con “misure di tutela ambientale e sanitaria per una durata complessiva di undici anni”. Per la questione dell’Ilva, dal 2012 al 2023.
Il Tribunale di Milano dichiara inoltre la necessità di accertare, pur non contrastando le norme europee, la normativa italiana che non prevede che la “Valutazione di Danno Sanitario rientri nella procedura di rilascio e riesame” dell’Aia.