Indagati i vertici del Policlinico San Matteo e della Diasorin.
PAVIA – I vertici del Policlinico San Matteo e della Diasorin risultano indagati per peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. L’inchiesta è scattata dopo la decisione da parte del Tar e del Consiglio di Stato di annullare l’accordo sui test sierologici per l’utilizzo di risorse pubbliche. La Procura di Pavia ha ordinato perquisizioni domiciliari nei confronti delle persone finite nel mirino dei magistrati.
L’indagine
L’indagine è iniziata dopo la decisione del Tar di annullare l’accordo tra il Policlinico e la Diasorin. Come riportato da Fanpage, nel mirino della Procura sono finiti il presidente del San Matteo Alessandro Venturi, il direttore generale Carlo Nicora, quello scientifico Giampaolo Merlini, il responsabile del laboratorio di Virologia Fabio Baldanti e l’amministratore delegato della Diasorin Carlo Rosa.
Dubbi sull’accordo
Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, l’accordo tra Diasorin e il Policlinico San Matteo sarebbe stato fatto in modo non lecito.
“Un’intesa – spiega la Procura di Pavia – stipulata senza gara e rendendo possibile un vantaggio economico per l’impresa piemontese. Ulteriori accertamenti sono in corso per delineare i rapporti economico commerciali tra Diasorin, Fondazione Istituto Insubrico di Ricerca per la Vita e la società Servire S.r.l. tutte operanti presso l’Insubrias Biopark di Genzano“.
Inchiesta San Matteo-Diasorin, in una chat il nome di Salvini
Stando a quanto riferito dall’Ansa, nell’indagine sarebbe emerso il nome di Matteo Salvini. A fare il nome del numero uno della Lega sarebbe un esponente del partito durante una discussione sul sindaco di Robbio, che sarebbe stato favorevole a un test alternativo a quello di Pavia.
“Ho sentito Matteo, chi sta con quel miserabile è fuori dal partito“, reciterebbe il messaggio nella chat come riportato da il Fatto Quotidiano e dall’Ansa.
Indagini sul traffico telefonico di Fontana, il Presidente della Regione Lombardia presenta ricorso
Secondo quanto riportato da La Repubblica, la Guardia di Finanza sta effettuando degli approfondimenti sul traffico telefonico del governatore Fontana. “Il mio assistito – ha detto l’avvocato del presidente – non è indagato e ha subìto una perquisizione presso terzi […]. Il fatto grave è che la perquisizione sia avvenuta con modalità non pertinenti alla finalità dell’operazione […]“.
Come emerso nella giornata del 30 settembre, il Presidente della Regione Lombardia ha deciso di presentare ricorso presso il Riesame contestando l’acquisizione dei dati del suo telefono cellulare.
“Siamo convinti che vi siano state, nelle modalità di ricerca sui telefoni, violazioni di carattere costituzionale e di principi stabiliti dalla Cassazione“, ha dichiarato il legale di Fontana come riportato da la Repubblica.