Continuano le proteste in Iran. I manifestanti danno fuoco alla casa museo dell’Ayatollah Khomeini, padre del ritorno della dittatura.
I manifestati hanno dato fuoco alla casa natale dell’Ayatollah Khomeini oggi diventato un museo, un simbolo della Repubblica islamica. Khomeini infatti è stato colui che ha riportato la dittatura islamica nel paese improntata sulle leggi religiose e il loro stretto rispetto. Il governo iraniano è in linea con il pensiero dell’attuale ayatollah Khamenei e il predecessore Khomeini, il padre della rivoluzione islamica. Per questo le proteste vengono duramente punite.
Ma nonostante le morti e le dure repressioni da parte delle forze di sicurezza islamiche a danno di giovani manifestanti, le proteste non tendono a placarsi. Queste proteste sono molto più vicine ad una rivoluzione anche perché questa volta ad alzare la voce contro la dittatura islamica sono anche gli uomini e non solo le donne, vittime delle leggi islamiche.
Fuoco al simbolo della rivoluzione iraniana
La polizia ha sparato anche sulla folla, su giovanissimi e bambini. Come sempre, le autorità iraniane hanno negato qualsiasi responsabilità. Come il piccolo Kian ucciso in una protesta dalla polizia. Ai suoi funerali i giovani manifestanti hanno intonato cori anti regime e con bottiglie di molotov hanno incendiato e assaltato l’abitazione dell’imam. «Quest’anno è l’anno del sangue» cantavano promettendo di rovesciare il potere di Khamenei.
Sono 56 i bambini uccisi quest’anno dalla polizia durante le proteste contro il regime islamico dell’Iran. Sono oltre 350 le morti dall’inizio delle proteste che però non accennano a placarsi e intendono sovvertire il governo teocratico. Lo dimostrano i cori che augurano la morte a Khamenei e l’assalto al simbolo della rivoluzione Khomeneista quella del 1979 che rovesciò la monarchia e portò al potere la dura dittatura islamica fondata sulla Sharia.