Federica Pellegrini commenta il caso doping di Jannik Sinner e solleva dubbi sul trattamento ricevuto: le parole della campionessa.
Federica Pellegrini è intervenuta pubblicamente sul caso di Jannik Sinner, il tennista azzurro coinvolto in una vicenda di doping legata al Clostebol e ora pronto a tornare in campo agli Internazionali di Roma dopo tre mesi di squalifica (un ritorno non facile, come raccontato dallo stesso atleta). In un’intervista a La Repubblica e riportata da Adnkronos, l’olimpionica ha espresso i suoi dubbi.7

Le regole antidoping e il caso di Jannik Sinner
Nell’intervista, Federica Pellegrini ha voluto anche chiarire quanto siano rigidi i controlli a cui gli atleti sono sottoposti. “Gli atleti vivono con un pensiero costante, quello di dover fornire un’ora di slot di reperibilità ogni giorno della vita anche quando sono in vacanza per consentire all’antidoping di andarli a trovare dovunque siano“, spiega.
A conferma della complessità di questo sistema, ha raccontato: “Io avevo una sveglia che suonava alle 10 di sera con scritto ‘location form’, per ricordarmi che dovevo aggiornare ogni volta l’indirizzo“. Da questa rigidità nascono i dubbi della campionessa sul caso Jannik Sinner.
I dubbi di Federica Pellegrini
“Giusto difendere Jannik ma è stato trattato in modo diverso rispetto a tutti gli altri casi perché tanti hanno pagato una negligenza nell’uso di un farmaco: è giusto perché il doping si combatte così“, ha iniziato Federica Pellegrini. L’ex nuotatrice ha ricordato che molti sportivi sono stati squalificati per negligenze simili. Spesso legate all’uso inconsapevole di farmaci o creme.
Ha anche sottolineato l’importanza della responsabilità oggettiva: “Non è che se il mio fisioterapista si beve una birra e investe qualcuno è colpa mia, ma diventa una mia responsabilità se il fisioterapista usa una crema su di me e poi io risulto positivo“. Detto ciò ha sollevato dubbi sulla gestione del caso di Jannik Sinner.
“La soluzione è arrivata solo dopo i ricorsi della Wada. Una sospensione immediata non c’è stata. Non dico che ci dovesse essere. Ma di fatto è stato trattato come un caso diverso dal 99% degli altri atleti che hanno affrontato e pagato una negligenza per doping“, conclude.