Il referendum svoltosi in Macedonia per il cambio del nome del Paese balcanico non raggiunge il quorum. Passo falso verso l’annessione all’Unione Europea e al Patto Atlantico.
SKOPJE – La popolazione della Macedonia è stata chiamata alle urne per un referendum di portata storica. Gli aventi diritto al voto, infatti, si sono dovuti esprimere circa l’accordo raggiunto con la Grecia per cambiare il nome in Macedonia del Nord. La consultazione elettorale richiede il quorum del 50% per essere considerato valido ma quando mancava appena un’ora alla chiusura delle urne il dato sull’affluenza era fermo al 34%.
Strada lunga verso l’Occidente
Sul voto e l’esito del referendum c’erano gli occhi della comunità internazionale. Il percorso intrapreso dal Paese della ex Jugoslavia si rivolgeva verso l’ingresso nell’Unione Europea e nella Nato. Il non raggiungimento del quorum rischia di far saltare questo iter.
Lo storico accordo con la Grecia
Lo scorso 17 giugno, Atene e Skopje hanno firmato l’accordo per la variazione della denominazione dell’ex paese della Jugoslavia che da oggi in poi si chiamerà Repubblica di Macedonia del Nord. L’accordo è stato firmato dai ministri degli Esteri macedone, Nikola Dimitrov, e dal collega greco, Niko Kotzias, al termine della cerimonia fatta sul versante greco del Lago di Prespa: la firma è arrivata alla presenza dei premier di entrambe i Paesi, Zoran Zaev e Alex Tsipras, del mediatore ONU Matthew Nimetz, dell’Alto rappresentante dell’Unione Europea, Federica Mogherini, e del commissario europeo dell’allargamento Johannes Hahn.
La causa della diatriba
Alla base delle polemiche tra Macedonia e Grecia il punto che secondo il governo di Atene c’è una propria provincia settentrionale, culla dell’impero di Alessandro Magno, che ha lo stesso nome.