Al di là delle prese di posizioni ideologiche, ci sono gravi problemi economici: i migranti ci servono, mentre per la maxiopera non ci sono i soldi
L’atteggiamento del Governo Meloni sui migranti è, a parole, inflessibile. Oltre ad aver dichiarato lo stato di emergenza (anche perché gli sbarchi sono aumentati rispetto ai governi precedenti), la Presidente del Consiglio dichiara di voler rimuovere la protezione speciale, istituto giuridico introdotto dal nostro Paese per tutelare i migranti che non hanno lo status di rifugiato secondo le norme internazionali.
Meloni mostra il muso duro, anzi durissimo, ma negli atti ufficiali fornisce una versione completamente diversa. Nel Def (Documento di Economia e Finanza) c’è scritto chiaramente che un aumento del 33% dei flussi di migranti in ingresso in Italia farebbe calare il debito pubblico di 30 punti. Se invece vi fosse una riduzione del 33? Il debito pubblico aumenterebbe, ma di ben 60 punti! Traduzione facile facile: abbiamo un disperato bisogno di migranti, altrimenti il Paese va a carte quarantotto.
Impossibile non rilevare un netto contrasto tra il furore ideologico, per non perdere la fiducia di chi ha votato la destra che prometteva addirittura “blocchi navali” per fermare i barconi, e il senso pratico di chi, trovatosi a governare, deve imparare a far quadrare i conti. E, a questo proposito, è altrettanto significativo che nel Def non vi siano le coperture per il tanto annunciato (soprattutto da Matteo Salvini) ponte sullo Stretto di Messina, per il quale si ipotizza una spesa di almeno 15 miliardi.
Il sospetto, quindi, è che non si farà mai, perché un conto è piazzare bandierine ideologiche che dividano lo scacchiere politico tra sostenitori e avversari, mentre ben altra faccenda è gestire la cosa pubblica con criteri di efficienza: non sempre lo si può fare tenendo fede ai propri piani di partenza e questo, quando si debutta al governo, è uno dei passaggi più delicati da metabolizzare.