Peppino Impastato, 45 anni dall’omicidio dell’attivista di Cinisi

Peppino Impastato, 45 anni dall’omicidio dell’attivista di Cinisi

L’uomo, che da sempre denunciava Cosa Nostra, è stato ucciso il 9 maggio 1978.

Il 9 maggio di 45 anni fa Peppino Impastato veniva ucciso dalla mafia. L’attivista siciliano aveva fondato a Cinisi, in provincia di Palermo, Radio Aut, emittente libera e autofinanziata con cui denunciava le attività illecite di Cosa Nostra. Dopo decenni di iter giudiziario, sono stati condannati per il suo omicidio il boss Gaetano Badalamenti e il suo braccio destro Vito Palazzolo.

Chi era Peppino Impastato?

Peppino, soprannome di Giuseppe, era nato il 5 gennaio 1948 a Cinisi in una famiglia legata alla mafia. Il cognato del padre, infatti, era il boss Cesare Manzella. A 15 anni, Peppino rompe i rapporti con la famiglia e viene cacciato di casa, avviando fin da subito una forte attività politica di contrasto alla mafia.

Nel 1965 fonda un giornalino, L’idea socialista, e aderisce al Partito Socialista Italiano. Dal 1968 si batte in prima linea contro Cosa Nostra, specie per i contadini espropriati delle loro terre per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo.

Nel 1977 fonda Radio Aut, emittente radiofonica libera con cui smascherava e sbeffeggiava gli affari illeciti dei mafiosi locali, in particolare le attività del boss Gaetano Badalamenti. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica contro mafiosi e politici.

La carriera politica e l’omicidio di mafia

Nel 1978 Peppino si candida nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni locali, ma venne ucciso tra l’8 e il 9 maggio, a pochi giorni dal voto. Il suo corpo venne posizionato sui binari della ferrovia Trapani-Palermo e fatto saltare in aria. L’obiettivo era quello di inscenare un suicidio, anche per danneggiare l’immagine pubblica di Peppino.

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Il delitto venne identificato, inizialmente, come atto terroristico o suicidio da parte degli investigatori. La decisione fu ribaltata dal giudice Rocco Chinnici, che stabilì la natura mafiosa dell’omicidio. L’uccisione di Peppino passò quasi inosservata, dato che lo stesso giorno venne trovato il corpo di Aldo Moro, presidente della DC, ucciso dalle Brigate Rosse.

La riapertura del caso Impastato

Dopo la prima sentenza, il caso di Peppino venne riaperto dal fratello e dalla madre di lui. Dopo aver rotto i rapporti con i parenti mafiosi, i due raccolsero abbastanza elementi per far riaprire l’inchiesta giudiziaria. Nel 1984 Antonino Caponnetto prese in mano il caso seguito da Chinnici, ucciso l’anno prima. Caponnetto firmò, così, una sentenza che riconosceva la natura mafiosa del delitto.

Nel 1992 il caso venne nuovamente archiviato, non essendo riusciti ad arrivare ai colpevoli. Quattro anni dopo si riaprì il caso con alcune dichiarazioni del pentito Salvatore Palazzolo, che indicava come colpevoli della morte di Impastato il boss Gaetano Badalamenti e il suo vice Vito Palazzolo. Il processo di concluse con la condanna di Vito Palazzolo a 30 anni nel 2001, e con l’ergastolo a Badalamenti nel 2002.

In base alle rivelazioni del pentito, gli esecutori materiali del delitto furono Francesco Di Trapani e Nino Badalamenti, entrambi già morti all’epoca del processo. Si parlò anche di un possibile depistaggio delle indagini da parte delle istituzioni.

Cinema, parchi e strade: il ricordo di Peppino

Nel 2000 uscì al cinema I cento passi, diretto da Marco Tullio Giordana, che racconta la storia di Impastato e la sua attività di lotta alla mafia. Il film venne chiamato così in quanto la casa di Peppino distava, all’incirca, 100 passi da quella del boss Badalamenti.

L’Università di Palermo ha conferito a Peppino una laurea honoris causa postuma in Filosofia, e molte città hanno dedicato alla sua figura strade e parchi. Infine, ogni anno a Cinisi si svolge il Forum Sociale Antimafia, uno dei massimi appuntamenti tra gli eventi legati alla lotta a Cosa Nostra.