Il processo per le stragi di Capaci e di via D’Amelio: ergastolo per Matteo Messina Denaro.
CALTANISSETTA – Ergastolo per Matteo Messina Denaro. E’ questa la decisione del Tribunale al termine il processo per le stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Il superlatitante trapanese (ricercato da oltre 27 anni) è accusato di essere uno dei mandanti della morte dei giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
La condanna
La condanna è arrivata al termine di un lungo processo e 14 ore di camere di consiglio. Una pena all’ergastolo che il superlatitante non sconterà immediatamente. Il boss, infatti, continua ad essere ricercato da oltre 27 anni.
Una fuga iniziata nel 1993 e ancora in corso. Da tempo gli inquirenti sono sulle sue tracce.
Il magistrato: “Il latitante è il frutto marcio di ciò che fu Totò Riina”
Dure le parole del magistrato poco prima della richiesta dell’ergastolo: “Messina Denaro – ha detto il pm citato da Il Messaggero – fu il primo a partecipare ai tentativi di uccidere Borsellino e Falcone, nemici storici di Cosa Nostra. Il latitante è il frutto marcio di ciò che fu Totò Riina. E’ stato un membro della commissione regionale, ha partecipato alla deliberazione di morte e all’esecuzione di fatti eccellenti collegati a quella decisione“.
Una dura requisitoria, come riportato dall’Ansa, da parte del pubblico ministro che ha parlato di “un clima di inumanità senza il quale Totò Riina non avrebbe potuto portare avanti i suoi piani stragisti, se non a rischio di una guerra di mafia. Non è sostenibile che Totò Riina avrebbe comunque intrapreso quella strada senza avere il consenso di Cosa Nostra, perché se ci fosse stato il dissenso dei vertici di una delle province ci sarebbe stata guerra“. Da qui la richiesta dell’ergastolo, accettata dal pubblico ministero. Condanna che sarà scontata dal boss al termine della sua lunga latitanza.