La manifestazione di Firenze è soltanto l’inizio, ma la strada per creare una vera alternativa a Meloni sarà impegnativa e tortuosa
Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni. L’immagine-simbolo della manifestazione antifascista e in difesa della scuola svoltasi a Firenze viene già considerata come il primo vagito della rinata opposizione. Tutto d’un tratto, il “campo progressista” che Enrico Letta aveva lungamente evocato, fallendo nella sua costruzione, si è materializzato con uno schiocco di dita alla testa del corteo organizzato da sindacati e società civile. Avviso ai naviganti: non fatela troppo facile.
In politica le scorciatoie funzionano molto raramente, specialmente se si parla del centrosinistra tenuto insieme dall’essere “contro” qualcuno o qualcosa. Un tempo fu Silvio Berlusconi, poi venne Matteo Salvini, ora c’è Giorgia Meloni. E’ chiaro che di fronte agli sfondoni presi da Matteo Piantedosi e Giuseppe Valditara, ma soprattutto alle botte prese dagli studenti di fronte al loro liceo, scatti immediata una sana reazione impettita di chi vuole difendere valori come la solidarietà e il diritto di opinione e manifestazione, che sono pilastri della nostra democrazia.
Attenzione, però, che più prove dimostrano come l’allarme fascista spesso evocato – a torto o a ragione – abbia la peculiare caratteristica di infiammare le piazze, ma non le urne. Più in generale, è subentrata una certa assuefazione nei confronti di una sinistra perennemente divisa e pronta a unirsi solo per contestare la destra, la quale, al contrario, riesce sempre a fare sintesi delle sue evidenti differenze interne. Sono dinamiche che servono per accendere di colori ed entusiasmo una bella piazza di quasi primavera, ma non per mettere le basi di un reale cambiamento.
Non basta essere “contro” Meloni: il centrosinistra deve presentare un progetto credibile. E unitario
La freschezza giovanile portata da Elly Schlein non si confonda con l’ingenuità: il centrosinistra tornerà a contendere il Paese a Giorgia Meloni solo quando presenterà agli italiani una reale e concreta alternativa, basata su progetti specifici, misurabili e radicali nella loro discontinuità. Basta con le manifestazioni contro, servono le manifestazioni per.
Non solo. Quand’anche la manifestazione di Firenze fosse il primo passo di un cammino comune, esso comunque sarebbe lungo e tortuoso, anche per questioni numeriche. Se al trio composto da Pd, M5S e dalla “bicicletta” Alleanza Verdi-Sinistra non si aggiunge anche il Terzo Polo, difficilmente sarà possibile arrivare a una soglia di voti tale per essere competitivi. L’operazione non è facile: Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno un consenso limitato (come hanno dimostrato le ultime regionali), ma la loro voglia di essere protagonisti decisivi è inversamente proporzionale, con punte di egocentrismo degne del PSI craxiano. E scusate il paragone.
Per questo un orizzonte temporale ragionevole è quello di un anno, quando si tornerà al voto per le Europee. L’arco di tempo è teoricamente sufficiente per proseguire nella risalita dei consensi da parte del Pd che, automaticamente, ridimensionerebbe i personalismi degli altri potenziali alleati. A quel punto, con i singoli pesi chiaramente misurati dal sistema proporzionale che porta a Bruxelles, il partito guidato da Elly Schlein sarebbe evidentemente legittimato a dettare le proprie condizioni al resto della truppa, senza il problema dei veti incrociati che hanno funestato le ultime tornate politiche e regionali, provocando un disastro. Solo a quel punto, la partita per il governo del Paese tornerà contendibile. Altrimenti, Giorgia Meloni potrà dormire sonni tranquilli, lasciando al centrosinistra la gioia effimera di qualche innocuo sabato antifascista di tanto in tanto.