Come scoprire tutti i servizi Google chiusi o abbandonati

Come scoprire tutti i servizi Google chiusi o abbandonati

Sappiamo che i servizi di Google sono decine, ma aggiungendo anche quelli abbandonati si supera il centinaio. Ecco come scoprire la lista completa.

La recente chiusura di Google Plus è solo l’ultima di una lunga serie di servizi di Google che hanno avuto vita più o meno breve e poi sono stati chiusi. Non stupiamoci però. Se Google è diventata una delle società più importanti del mondo, leader del suo settore e in continua crescita, è stato anche grazie al suo continuo impegno per innovare.

Servizi e prodotti Google: ogni anno qualcosa di nuovo

Sono tantissimi i progetti che Google avvia ogni anno e sui quali investe, talvolta anche somme di denaro molto ingenti.
Come possiamo facilmente intuire, non tutti i nuovi servizi che Google testa o che addirittura lancia sul mercato riescono poi ad avere effettivamente successo. Capita talvolta che gli sviluppatori si accorgano in corso che non vale la pena continuare ad investire su uno specifico servizio, o che uno dei servizi che ci vengono proposti non ottenga i risultati sperati. In questi casi la società sceglie saggiamente di non continuare ad investire ulteriormente e di inserire il progetto tra i servizi che Google ha abbandonato. A volte lo sforzo dura anche diversi anni, come nel caso di Google+, aperto nel 2011 e chiuso ad aprile 2019.

L’elenco dei servizi che Google ha abbandonato

Killed by Google, è una lista Open Source nella quale sono raccolti tutti i progetti, le applicazioni e i servizi che Google ha abbandonato o sta per abbandonare.

Come possiamo vedere, si tratta al momento di circa centocinquanta progetti, un numero comunque che è destinato ad aumentare dal momento che la società non ha intenzione di rallentare e vuole continuare a sperimentare nuove soluzioni, alcune delle quali inevitabilmente andranno ad allungare questa lista.

Il successo è figlio anche degli errori

Il fallimento, se così possiamo definirlo, fa parte del processo di crescita ed è un tassello fondamentale di tutte le società di successo: l’unico modo per innovare è percorrere diverse strade, alcune delle quali si riveleranno senza uscita.

I primi elementi della lista, contrassegnati dall’icona della ghigliottina, non sono ancora stati chiusi, ma per essi è stata stabilita la data definitiva di interruzione del servizio. Se scorriamo verso il basso possiamo invece scoprire quali sono gli altri servizi che sono stati chiusi e per ciascuno di essi viene indicata la data di presentazione del progetto e la data di chiusura dello stesso. Va detto che in alcuni casi i servizi sono stati terminati per essere sostituiti con versioni più recenti, oppure inclusi in progetti più grandi.

Dare un’occhiata a questa lista è interessante per due motivi. Il primo è che possiamo capire se qualcuno dei servizi di Google che stiamo utilizzando andrà incontro ad una chiusura programmata, per scegliere anche cosa fare di conseguenza. Anche se di solito, almeno per i servizi “maggiori”, la chiusura viene resa nota con grande anticipo.

La storia di Google (e di Internet) attraverso i progetti degli anni passati

Il secondo è che possiamo ripercorrere la storia dell’azienda e ripensare a quei servizi che fino a qualche anno fa erano utilizzati da numerosi utenti e che sono stati poi sorpassati da soluzioni migliori o non sono riusciti a raggiungere i risultati attesi.
In alcuni casi, infatti, i servizi chiusi non hanno lasciato una lacuna, ma sono stati prima adeguatamente rimpiazzati da altri servizi analoghi, ideati da Google o da altre società, che sono riuscite a fare meglio dell’azienda di Mountain View. Il caso più eclatante in questo senso è forse Google Video (2005 – 2012), inglobato in YouTube dopo l’acquisto.

Quali servizi provengono da Google?

Questa lista ci aiuta anche a capire che Google non è affatto avara di prodotti e servizi. Se siamo curiosi di scoprire tutti i servizi e i prodotti che Google offre oggi, possiamo usare la lista ufficiale che si trova su questa pagina.

fonte foto copertina: unsplash.com/photos/fpZZEV0uQwA