Dopo lo scandalo sul quadro rubato, Vittorio Sgarbi replica alle accuse e non intende fare alcun passo indietro in merito alla sua posizione.
Continuano le polemiche attorno a Vittorio Sgarbi e la vicenda del quadro rubato di Manetti. Secondo Il Fatto Quotidiano e le indagini di ‘Report’, il dipinto ‘La cattura di San Pietro’ sarebbe nelle mani del critico d’arte che nelle ultime ore sarebbe stato attenzionato dalla Procura di Imperia e da quella di Macerata con tanto di ipotesi di furto e autoriciaggio.
Sgarbi contro la magistratura
Attaccato dai media, Sgarbi ha voluto ribattere alle notizie relative alle indagini su suo conto da parte della Procura di Imperia e da quella di Macerata. Il sottosegretario alla Cultura se l’è presa con la magistratura e parlando al Corriere della Sera ha detto: “Che poi la magistrata che se ne occupa è un tipo singolare, nemmeno mi ricordo il nome, ma è quella che si innamorò di Gabriel Garko e fu sottoposta a un procedimento disciplinare del Csm”.
“Di una pm della Procura di Imperia, l’unica che ha davvero aperto un fascicolo che mi riguarda, a proposito di un dipinto di Valentin de Boulogne che avrei esportato illegalmente, bah. Una copia pure quello. Oltretutto è roba vecchia, il procedimento sta in piedi da 3 o 4 anni, quando il tempo massimo è 18 mesi. E si avvale di un’intercettazione parlamentare senza autorizzazione, che è inammissibile, lo dice la Corte costituzionale, mica io”.
Sulle accuse di autoriciclaggio: “Non mi risulta. E seppure fosse, sarebbe violazione di segreto istruttorio”, ha commentato il noto volto tv e della politica.
Niente dimissioni
Al netto delle accuse, Sgarbi pare intenzionato a portare avanti le sue ragioni e, soprattutto, la sua innocenza. Anche per questo quando si parla di dimissioni: “E dovrei dimettermi per una cosa inventata? Ma no”, ha detto secco.
Sul dipinto e sulla presunta aggiunta di una candela: “Mi ci vede? Sono degli ignoranti, la caratteristica del Manetti è proprio quella lì, metteva candele ovunque. Il quadro originale è il mio, l’altro era una copia mal fatta. Ne ho la prova”, ha detto presentato al Corriere un documento, con data e timbri.