I veicoli con targhe albanesi possono circolare in Italia ma solo a determinate condizioni e per un limitato periodo di tempo; per via del formato simile, sono spesso usate per aggirare le norme in vigore.
Le targhe auto sono uno degli strumenti che meglio consentono l’identificazione di un veicolo. Lo stile, i colori e l’impostazione della sequenza alfanumerica rappresentano i tratti distintivi delle targhe europee e non solo. Nell’ambito della Comunità Europea, gli stati membri utilizzano – dal 2011 – un formato comune, salvo poi poter personalizzare la targa con sigle, simboli e colori (benché la gamma sia quasi sempre limitata o comunque specifica per il tipo di veicolo). Per quanto possa sembrare trascurabile, la targa auto ricopre un ruolo importante, specie per gli organi di polizia. Per questo, formati simili utilizzati da paesi diversi possono creare problemi di identificazione. Un caso del genere è rappresentato dalle targhe albanesi e quelle francesi, praticamente identiche a quelle introdotte in Italia a partire dal 1994.
Targhe auto albanesi: come sono
Le targhe auto albanesi sono generalmente di forma rettangolare; ai lati presentano una banda verticale blu mentre lo spazio centrale è di colore bianco. Nel riquadro di sinistra trova posto la sigla ‘AL’ (che sta per ‘Albania’) e l’aquila a due teste, la stessa che campeggia sulla bandiera nazionale. Nell’altro, invece, trova posto un cerchio bianco all’interno del quale è possibile trovare riportate le ultime due cifre dell’anno di immatricolazione. All’interno del campo bianco, il codice alfanumerico è del tipo AA-000-AA. La sequenza comprende tutte le lettere dell’alfabeto latino e, come per le targhe tedesche, viene utilizzato un piccolo tratto per distinguere la lettera ‘o’ dal numero zero.
Talvolta, la targa (anche quella anteriore) si articola su due linee; in tal caso la banda blu con la sigla ‘AL’ va in alto e l’altra viene collocata in basso. Questo formato è stato introdotto a febbraio 2011 ed è, come detto, praticamente identico a quello in uso in Italia a partire dal 1994 e al formato entrato in vigore in Francia dal 2009 in poi.
Le targhe emesse dalla Repubblica di Albania (che è bene sottolineare come non faccia parte dell’Unione Europe) prima del 2011 presentano un formato diverso ma sono tutt’ora valide. L’impostazione generale è molto simile: a sinistra c’era già la fascia verticale con l’aquila bicefala ma invece del blu vi era il colore rosso (lo stesso della bandiera nazionale). La sequenza alfanumerica aveva la stessa lunghezza (sette elementi) ma distribuiti in maniera leggermente diversa: AA-0000-A dove le prime due lettere erano la sigla del distretto dove era stato immatricolato il veicolo.
La normativa in vigore in Italia
Il Codice della Strada, all’articolo 100, prescrive l’obbligo – per autoveicoli e motoveicoli – di circolare muniti di targa di immatricolazione; le specifiche tecniche vengono stabilite dal Regolamento di attuazione. Le sanzioni per chi viene fermato a bordo di un veicolo privo di targa consistono in una multa il cui ammontare va dagli 84 ai 335 euro. Chi invece circola a bordo di un veicolo munito di targa non propria o falsificata, viene punito con una multa tra i 1.998 euro e i 7.953 euro. La manomissione o l’alterazione delle targhe (la cui produzione e distribuzione è appannaggio esclusivo dello Stato) viene punita ai sensi del codice penale.
Per quanto concerne la circolazione dei veicoli con targhe straniere in Italia, la norma di riferimento è l’articolo 132 del Codice Stradale dove si legge: “Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi immatricolati in uno Stato estero e che abbiano già adempiuto alle formalità doganali, sono ammessi a circolare in Italia per la durata massima di un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di origine”.
Questo lasso di tempo si dimezza per effetto di una Legge del 1957 che recepiva la Convenzione di New York; in sostanza, pur senza rispettare gli obblighi doganali, un’auto con targa straniera può circolare liberamente per un periodo di sei mesi (anche non continuativi) durante i quali il veicolo è presente in Italia in regime di ‘importazione temporanea’.
Le targhe albanesi in Italia
In virtù di quanto detto sin qui, le targhe albanesi possono circolare in Italia ma solo per un preciso arco di tempo e solo a determinate condizioni. Il regime di importazione temporanea prevede che nel nostro paese un veicolo immatricolato in un paese straniero possa essere guidato dal proprietario, un parente (fino al terzo grado) o un soggetto in possesso di delega (non necessaria se il proprietario è a bordo). Beneficiano di questo regime anche il lavoratori transfrontalieri, i turisti, i rappresentanti di commercio, gli studenti o i malati che ricevono le cure nel nostro paese. L’importazione temporanea non consente di utilizzare il veicolo per scopi commerciali o di lucro.
Passati i sei mesi, scatta il reato di contrabbando per il quale non fa differenza se il veicolo è immatricolato in uno stato membro dell’UE oppure in una nazione al di fuori dell’Unione.
Una volta scaduto il regime di temporanea importazione, si può regolarizzare la posizione del veicolo registrato all’estero inoltrando una richiesta di immatricolazione presso la Motorizzazione Civile.
Le targhe illegali
Il problema delle targhe albanesi (e di quelle straniere in generale) è un altro. Molti approfittano della forte somiglianza tra le due placche per aggirare la legge. Alcuni operano una semplice sostituzione, altri portano in Italia una vettura immatricolata in Albania in un momento successivo all’entrata in vigore del nuovo layout. Il motivo è molto semplice, specie nel secondo caso: immatricolare l’auto in Albania consente di risparmiare gran parte delle spese previste dalle norme in vigore in Italia (immatricolazione, bollo, assicurazione).
Altra ragione per cui taluni circolano su vetture immatricolate in Albania o munite di targhe albanesi è per risultare sostanzialmente ‘invisibili’ agli organi di polizia. In caso di infrazione, infatti, la sanzione viene collegata ad una targa che sembra italiana ma che in realtà non lo è, riducendo la multa ad un nulla di fatto dal momento che il numero sulla piastra registrato sul verbale non consente di risalire al veicolo (o il suo intestatario). I ‘furbetti’ seriali delle targhe straniere spesso propendono anche per quelle emesse in Romania o in stati le cui banche dati non sono accessibili alle forze dell’ordine.
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