Sono sempre di più dalla pandemia i lavoratori che viaggiano di paese in paese.
Negli Stati Uniti circa 7,3 milioni di americani si identificavano come nomadi digitali già nel 2019 pre-pandemia. Con i vari lockdown e la diffusione dello smart working i dati sono cresciuti sempre di più. La digitalizzazione è aumentata del 49%. Questo aumento dei nomadi digitali ha spinto le aziende a definire per loro un quadro giuridico.
Sono 25 i paesi che hanno aperto ai visti per i nomadi digitali e fra poco arriveranno anche in Italia a settembre. Tra queste regole c’è il permesso di soggiorno di un anno, assicurazione sanitaria, rispetto delle regole fiscali. I freelance, imprenditori, programmatori, tutti coloro che possono svolgere il loro lavoro da remoto si definiscono nomadi digitali. Hanno bisogno solo di un computer e un’ottima connessione per poter svolgere il loro lavoro da ovunque.
Anche in Italia arriva il visto per i nomadi digitali
Per questo invece di rimanere fermi in un appartamento decidono di esplorare il mondo e non fermarsi più di un mese in un posto. Il 64% dei nomadi digitali ha tra i 30 e 49 anni e vivono in piena libertà esplorando nuovi luoghi e paesi e non sono relegati mai in nessun posto. Il “visa made in Italy” per i questa categoria di lavoratori di tutto il mondo arriverà a settembre. In questo l’Italia è tra i 25 paesi che hanno aperto a questi visti.
La burocrazia per agevolare questi arrivi sarà molto più snellita e il visto sarà specifico estraneo al decreto flussi e durerà un anno. Lavoratori da remoto extracomunitari, autonomi o subordinati, potranno entrare in Italia e avere diritto di restarci un anno attivando una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi.