A 10 anni dall’arresto per il caso di Yara Gambirasio, Massimo Bossetti continua a sperare nella revisione del processo.
Sono passati 10 anni dall’arresto di Massimo Bossetti per il caso di Yara Gambirasio. L’uomo continua a sperare nella revisione del processo professandosi innocente. Il muratore di Mapello è stato condannato all’ergastolo in tutti e tre i gradi di giudizio per l’omicidio della 13enne, scomparsa da Brembate di Sopra il 22 novembre 2010 e ritrovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. Lo scorso 13 maggio 2024, i legali di Bossetti hanno potuto vedere per la prima volta reperti e campioni che hanno portato all’ergastolo del loro assistito e adesso, durante “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia TV, gli avvocati hanno spiegato quali saranno i prossimi step.
Caso Yara Gambirasio: Bossetti si professa innocente
L’avvocato Claudio Salvagni, legale di Bossetti, ha parlato a Cusano Tv di una conversazione avuta proprio con il suo assistito che gli avrebbe detto: “Dopo aver visionato i riperti ho sentito Massimo Bossetti che mi ha detto: ‘Resto molto fiducioso per una revisione del processo. Spero che mi possa essere data finalmente la possibilità di far analizzare i reperti rimasti per dimostrare che non ho ucciso io Yara e che quel DNA non è il mio‘”.
Già in precedenza, proprio il muratore, ora all’ergastolo, si era professato innocente con tanto di lettera inviata ad un’altra trasmissione, ‘Iceberg’ su Telelombardia, nella quale si era detto contento della possibilità di visionare i reperti: “La possibilità di visionare i reperti non penso sia stato solo un ‘contentino’. Anzi al contrario, è stato un primo fondamentale importantissimo passaggio obbligato“, erano state le sue parole.
Il dettaglio sul corpo di Yara
Sempre l’avvocato Salvagni ha spiegato, come riportato da L’Eco Vicentino, anche quale sia la sua visione del caso e anche quale possa essere un elemento importante da verificare nel modo migliore possibile: “L’elemento della permanenza nel campo in cui fu ritrovato il corpo senza vita della 13enne, è importantissimo perché, secondo l’accusa, la ragazza è stata uccisa in quel campo ed è rimasta lì per tre mesi fino al giorno del suo ritrovamento. Noi invece abbiamo sempre contestato questo punto ritenendo che fosse in contrasto con altri elementi”.
In questo senso, gli elementi e i reperti visionati avrebbero fornito dettagli importanti per questa teoria: “E proprio guardando i reperti, ci siamo accorti di aspetti che rafforzano la nostra teoria, cioè che Yara non sia morta lì. Mi spiego meglio: Yara avrebbe dovuto camminare su quel campo, quindi le scarpe dovevano essere sporche di quel terreno, sono state tre mesi all’aperto. Io le immaginavo molto compromesse e invece erano ben conservate. E dico questo perché anche la suola interna era completamente pulita, bianca. I calzini, al contrario, erano sporchi di sangue e intrisi di liquidi putrefattivi. Questo vuol dire che una calza con queste caratteristiche, non può essere stata in quella scarpa completamente bianca. Evidentemente, le scarpe sono state indossate in un momento successivo”.