Zona rossa a Nembro e Alzano, l’inchiesta per fare luce sulla vicenda e l’ipotesi di reato (difficile) di epidemia colposa.
L’inchiesta sulla zona rossa a Nembro e Alzano si inserisce in un lavoro che vuole fare luce sulla diffusione del coronavirus in Lombardia, dove si registrano lamentele e querele per la gestione della situazione. Il lavoro degli inquirenti nasce da ricostruzioni fatte da Stefano Salvi, ex inviato di Striscia la Notizia, il quale ha deciso di presentare un esposto mettendo in moto la Procura di Bergamo.
Per cosa si indaga? L’ipotesi di reato
L’ipotesi di reato con cui iniziano i lavori gli inquirenti è quella di epidemia colposa. Accusa a carico di ignoti e decisamente complessa da dimostrare.
Molte persone, chi sui social, chi con esposti e chi in altri modi, hanno spinto a puntare i riflettori su due Comuni, quelli di Nembro e Alzano. Nella zona in questione il virus circolava a ritmi preoccupanti, ma a differenza di quanto avvenuto ad esempio a Vo’ Euganeo o a Codogno nessuno ha istituito la zona rossa. Almeno fino all’8 marzo, quando con il dpcm il governo ha chiuso tutta la Lombardia.
Regione o governo, chi doveva istituire la zona rossa a Nembro e Alzano? Il cuore dell’inchiesta
Il lavoro degli inquirenti mira a rispondere a una domanda: chi avrebbe dovuto istituire la zona rossa a Nembro e Alzano? Ascoltati come soggetti informati sui fatti, Gallera e Fontana hanno sostenuto che la decisione sarebbe stata di competenza del governo, che nelle settimane precedenti aveva disposto la chiusura di altri Comuni.
Per Conte, anche lui ascoltato come persona informata sui fatti, non c’è stata nessuna sottovalutazione del rischio. In base ai dati epidemiologici è stata effettuata un’analisi che al 7 marzo ha evidenziato una situazione complicata in un’area diffusa della Lombardia. E l’8 marzo è stato firmato il dpcm che disponeva la chiusura della Regione.