Nipote uccide la nonna "volontariamente": il fatto
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Nipote uccide la nonna “volontariamente”: il fatto

Scena del crimine

Un uomo di 47 anni è stato giudicato colpevole di omicidio per la morte per disidratazione, sepsi ed emaciazione della nonna.

In un contesto generale, il caso di Allen Arias, 47 anni e di una nonna, richiama l’attenzione sui rischi legati alla negligenza familiare e al ruolo cruciale del caregiver anziché di un professionista. In molte famiglie, garantire cure adeguate agli anziani è una sfida delicata, che può sfociare in tragedia quando mancano competenze, risorse o semplicemente sensibilità. Questo episodio, emerso nel 2019, mostra quanto possano essere devastanti le conseguenze del disinteresse prolungato.

La vicenda è culminata il 17 giugno, quando una giuria ha rilevato la colpevolezza di Arias per l’omicidio colposo aggravato nei confronti della nonna, 87enne Anita Arias, deceduta in condizioni drammatiche. Il tribunale di 18ª Circoscrizione della Florida ha evidenziato la gravità dei fatti e la prossima sentenza, prevista per il 20 agosto, potrebbe comportare fino a 30 anni di carcere e una multa di 10.000 dollari.

scena del crimine
scena del crimine al buio con prove – www.newsmondo.it

I segni della crudeltà: piaghe da decubito e disidratazione

Al momento del ricovero, il personale medico ha riscontrato piaghe da decubito estese, alcune infestate da larve. Le condizioni igieniche nella casa – definite “filthy” dagli investigatori – erano raccapriccianti: medici e infermieri isolavano maggots e infezioni cutanee avanzate. Inoltre, sono emerse gravi carenze terapeutiche: farmaci per il diabete, prescritti dalla dottoressa, non erano stati somministrati. L’autopsia ha confermato che la nonna è deceduta a causa di disidratazione, emaciazione, sepsi e glicemia incontrollata.

Tra giustificazioni e responsabilità: la difesa contro le accuse

Durante il processo, Arias e alcuni familiari hanno cercato di giustificare la situazione dipingendo la nonna come una donna testarda, brontolona e incline a rifiutare cure. Tuttavia, l’assistente del procuratore, Tiffany Colon, ha risposto chiaramente: «È ingiusto dire che è morta come ha vissuto. Gli anziani possono essere abitudinari, ma bisogna fare ciò che serve — o chiedere aiuto». L’argomentazione difensiva, pur comprensibile sotto certi aspetti, non scagiona il caregiver dal dovere di intervento e tutela.

L’opinione pubblica è spaccata tra chi ritiene che le responsabilità siano esclusivamente personali e chi invoca un sistema più robusto di tutele legali e assistenziali per i caregiver familiari. Il caso esemplifica come la mancanza di assistenza professionale, unita a condizioni igienico-sanitarie carenti, possa trasformarsi in un reato grave.

In definitiva, questo tragico episodio costituisce un campanello d’allarme: affidare un anziano a un familiare implica non solo cura ma anche competenza, consapevolezza e, se necessario, il coraggio di chiedere supporto esterno. La giustizia, con la condanna di Arias, invia un messaggio chiaro: l’amore familiare non è sufficiente senza responsabilità.

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ultimo aggiornamento: 22 Giugno 2025 10:37

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