Dagli ultimi attacchi fatti con droni e missili obsoleti provenienti da Iran e Corea mostrano che la Russia ha finito le sue armi sofisticate.
L’analisi del New York Times sugli attacchi russi di ieri conferma le difficoltà dell’esercito russo e sull’arsenale a disposizione del Cremlino. Gli attacchi sulle città ucraine hanno provocato circa 20 morti e centinaia di feriti, ma avrebbero potuto essere molto più letali dato che sono stati numerosi e hanno colpito centri residenziali. La falla sta nelle armi che – fortunatamente – non sono letali come potrebbero essere le armi più sofisticate di cui dispongono gli eserciti occidentali.
Secondo il quotidiano statunitense, quindi, la Russia sarebbe a corto di armi e sarebbe costretta a rifornirsi in paesi come Iran e Corea del Nord. La teoria è avanzata anche dal ricercatore Ian Storey, presso l’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore. Il ricercatore precisa che gli ucraini sono stati in grado di intercettare buona parte di missili, ma avanza anche l’ipotesi che Mosca abbia missili teleguidati poco efficaci, o che stia rimanendo a corto di munizioni di precisione.
L’industria bellica russa in affanno
Questa ipotesi è stata paventata qualche settimana fa dal media indipendente russo The Insider secondo il quale la Russia sarebbe rimasta priva di proiettili, artiglieria e veicoli corazzati” entro la fine dell’anno. Alcuni missili a lunga distanza scagliati contro obiettivi civili erano imprecisi e senza guida remota, alcuni risalenti addirittura all’epoca sovietica.
Secondo i servizi di intelligenze occidentali Mosca avrebbe quasi finito le armi più sofisticate già nelle prime settimane del conflitto. A pesare sull’industria bellica russa sono le sanzioni occidentali per la fabbricazione di nuove armi. Per questo motivo, deve fare affidamento sulle importazioni di droni dall’Iran e missili dalla Corea del Nord.