Il 12 agosto 1944, a Sant’Anna di Stazzema, sull’Appennino toscano, le SS trucidano 560 civili. E’ la seconda strage più grave compiuta dai nazisti in Italia.
All’alba del 12 agosto 1944, nella frazione di Sant’Anna nel comune di Stazzema, paese sulle pendici dell’appennino lucchese, inizia un rastrellamento da parte dei soldati nazisti della 16/a divisione “Reichsführer SS”, comandata dal generale Max Simon, coadiuvati dalla 36/a brigata “Mussolini”.
Gli antefatti in Italia
Nelle settimane precedenti l’iniziativa militare delle forze occupanti, la zona di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco come “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati. Inoltre, a differenze di altre zone, nella località in questione non si erano registrate attività significative da parte dei partigiani, dopo che “I Cacciatori delle Apuane” avevano abbandonato le posizioni dal mese di aprile. A fine luglio, però, un ordine di Hitler imponeva di creare una zona di sicurezza rispetto alla linea Gotica priva di qualunque insediamento.
La popolazione resiste all’occupazione
Gli abitanti della zona di Stazzema, tuttavia, opposero una certa resistenza a abbandonare le proprie abitazioni. La Wermacht non sembrava in grado di imporre gli ordini di Berlino, non disponendo sul terreno di un numero sufficienti di soldati.
Sant’Anna di Stazzema, rastrellamento e eccidio
Nelle prime ore del 12 agosto, i reparti delle SS rompono gli indugi e salgono a Sant’Anna: un quarto reparto chiudeva ogni via di fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle sette del mattino il paese era circondato. Gli uomini avevano fatto in tempo a rifugiarsi in montagna e nei boschi mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro in quanto civili inermi, restarono nelle loro case. I nazisti, insieme ai collaborazionisti fascisti, radunarono e uccisero brutalmente 560 persone. L’eccidio fu un vero e proprio atto terroristico, attuato al fine di terrorizzare i civili e tagliare qualunque collegamento con la resistenza.