Migranti, ora c’è anche il problema della Turchia e il mistero dei russi

Gli sbarchi di migranti in Italia proseguono e si aprono nuove rotte. Riflettori degli investigatori puntati sui russi che gestiscono i viaggi dalla Turchia.

L’ultimo sbarco di migranti in Italia ha portato alla luce un nuovo problema per il Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Le cinquantaquattro persone sbarcate a Crotone, arrivate in acque italiane a bordo di una barca a vela, non sono partite dalla Libia con un viaggio organizzato da libici.

Gli sbarchi di migranti in Italia, si ‘scalda’ anche la rotta che va dalla Turchia alla Calabria (o alla Sicilia)

Si tratta di pachistani partiti dalla Turchia a bordo di una imbarcazione guidata da scafisti russi. Una tratta quasi nuova o comunque sopita da tempo che si è ripopolata con i primi giorni di bel tempo.

Ad arrivare in Italia questa volta sono stati cinquantaquattro uomini di nazionalità pachistana. Tutti in buona condizione di salute al momento dello sbarco.

fonte foto https://www.facebook.com/marco.todarello.18

Le indagini degli inquirenti e la nuova sfida del Viminale

Le indagini degli inquirenti hanno aperto un nuovo caso spinoso che dovrà essere affrontato dal Viminale. Oltre alla tratta che parte dalla Libia, con centinaia di persone che cercano una via di fuga dalla guerra, c’è un’altra tratta che parte dalla costa della penisola anatolica ed è gestita da ex cittadini dell’Unione sovietica, un traffico di esseri umani le cui finalità sono ancora poco chiare. Non per questo meno preoccupanti, anzi.

Gli inquirenti italiani sono al lavoro per provare a fare luce sugli appoggi italiani di questa organizzazione criminale. Se partono con frequenza dalla Turchia per arrivare in Italia qualche aggancio nella nostra penisola devono averla. Secondo gli investigatori, qualcuno che garantisce un supporto logistico deve esserci.

La Turchia nel mirino dell’Unione europea

Non è tutto. Il governo turco è infatti tenuto a dare spiegazioni all’Italia e all’Unione europea. L’Ue versa nelle casse della Turchia tre miliardi di euro circa ogni anno per evitare le partenze dalle proprie coste, missione evidentemente non proprio riuscita.