La commissione intelligence del Senato degli Stati Uniti ha concluso che i sistemi elettorali furono nel mirino della Russia.
WASHINGTON (USA) – Il Senato degli Stati Uniti, secondo quanto riportato dal New York Times, nell’ambito del Russiagate, ha concluso che i sistemi elettorali di tutti i 50 stati americani furono nel mirino di Mosca, con attività che protrattesi dal 2014 al 2017.
Senato, omissis richiesti dai servizi segreti
In sostanza, la commissione intelligence del Senato sarebbe stata costretta su richiesta delle agenzie di intelligence a coprire con omissis le sue scoperte, che andrebbero oltre quanto riconosciuto dalle autorità federali. A esempio, in Illinois “cyberattori russi erano nella posizione di cancellare o cambiare i dati degli elettori” anche se non sono state trovate prove che lo fecero.
L’audizione del procuratore Mueller
Pochi giorni fa, l’ex procuratore del Russiagate, Robert Mueller, è stato ascoltato in audizione dalle commissioni Giustizia e intelligence della Camera.
Nella sua testimonianza, l’ex direttore dell’Fbi ha dichiarato che “Trump potrebbe essere incriminato alla fine del mandato, quando lascerà la Casa Bianca“. Inoltre, ha ricordato come il presidente rifiutò di farsi interrogare dal suo team ma al tempo stesso che le sue indagini non sono mai state limitate o ostacolate.
Infine, Mueller ha lanciato un monito sulla persistenza della minaccia di ingerenze straniere, e poche ore dopo che i repubblicani hanno bloccato un pacchetto di leggi per garantire la sicurezza del prossimo voto.
L’hackeraggio russo
Il Russiagate è un’inchiesta giudiziaria nata a seguito di sospette ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America del 2016. Secondo l’indagine, ci sarebbe stato un massiccio intervento della Russia, con il coinvolgimento di Putin, per danneggiare il candidato democratico, Hillary Clinton, a favore di Trump. Il Cremlino avrebbe pensato di trarre vantaggi dall’elezione del tycoon.